Da tifoso della Juventus Raffaello Roberto era riuscito a raggiungere un sogno: lavorare a stretto contatto con la sua squadra preferita. Si era avvicinato alla società di Andrea Agnelli come presidente di un club di tifosi di Siderno (Reggio Calabria), aveva conquistato simpatie e fiducia, anche quella di Mariella Cavanna Scirea, vedova di Gaetano Scirea. All’inizio aveva anche lavorato gratuitamente, ma poi era riuscito a diventare amministratore della Lefima, la società che gestisce i “Club Doc”. Ieri però l’uomo, nato 50 anni fa a Locri (Rc), è finito a processo davanti al Tribunale di Torino con l’accusa di appropriazione indebita perché secondo la società e la procura ha sottratto 323mila euro dalle casse della società. La sua caduta comincia nel periodo dell’inchiesta “Alto Piemonte”, quella che ha rivelato gli interessi di un gruppo di ‘ndranghetisti nel bagarinaggio di biglietti della Curva Sud dello Juventus Stadium. Roberto non è tra gli indagati, ma la società di Andrea Agnelli deve cambiare la gestione perché è sospettata di aver ceduto facilmente biglietti e abbonamenti agli ultras, sospetto che dà origine a un procedimento della giustizia sportiva (e a sanzioni).

Agli atti, inoltre, dell’indagine compare anche un’informativa dei carabinieri datata marzo 2015 in cui viene citata la Lefima, società che dal 2013 gestisce il Centro coordinamento Juventus Club, l’insieme degli “Juventus Club Doc” di tutta Italia. La Lefima è presieduta dalla vedova Scirea, e organizza eventi per i tifosi più fedeli, come cene in presenza dei calciatori, offrendo loro la possibilità di assistere alle partite. Da alcune intercettazioni emerge che il security manager della Juventus, Alessandro D’Angelo (mai indagato), ha dei sospetti sulla gestione degli abbonamenti e dei biglietti da parte dei Club Doc. I carabinieri del Nucleo investigativo vanno a fondo, sospettano che i biglietti finiscano alla “criminalità organizzata calabrese” anche perché scoprono una società di Roberto il cui commercialista ha avuto “cointeressenze con la cosca di ‘ndrangheta Commisso di Siderno”. Né questi approfondimenti dei carabinieri, né quelli della polizia fanno emergere reati o affari con la ‘ndrangheta. Tuttavia la Juventus decide di mettersi ai ripari e nel 2017 chiede a Roberto di lasciare le cariche della Lefima. A questo punto Fiammetta Bruno, nuova amministratrice, controlla gli ultimi estratti conto della società e scopre due bonifici da 1.500 euro l’uno verso il conto personale di Roberto. Gliene chiede conto e lui ammette. La presidente Scirea invita Roberto e Bruno a casa sua per parlarne e l’uomo si scusa dicendo di avere problemi economici personali.

Non basta, perché dai controlli successivi si scoprono ben 83 bonifici, prelievi col bancomat e spese con la carta di credito aziendale per scopi personali, ma anche contanti raccolti dai Club Doc mai riversati alla società. Un totale di quasi 323mila euro. L’ex amministratore rende 18mila euro e poi basta, ragione per cui Fiammetta Bruno si rivolge all’avvocato Giulio Calosso e denuncia tutto. Il fascicolo finisce nelle mani del sostituto procuratore Lisa Bergamasco che ha ritenuto ci fossero gli elementi per processare Roberto. “Siamo rimasti molto sorpresi – ricorda Cavanna Scirea – Noi ci siamo sempre fidati di lui, era un gran lavoratore, sempre disponibile. Non avevamo ragione di dubitare”. Interpellato da ilfattoquotidiano.it, il difensore di Raffaello Roberto, l’avvocato Saverio Rodi del foro di Torino, non anticipa nulla della linea difensiva e mette le distanze tra il suo cliente e la ‘ndrangheta: “Non ha nulla a che fare con l’inchiesta ‘Alto Piemonte’. È stato impropriamente accostato a questa vicenda giudiziaria”. Il processo è stato rinviato al 21 maggio prossimo davanti al giudice Giulia Casalegno. La Lefima si aspetta un risarcimento: “Se non si decide nulla prima – conclude Scirea -, il processo andrà avanti”.

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