“Il 21 febbraio è iniziato un incubo. Dopo solo qualche ora dalla notizia che in Italia erano stati registrati i primi casi di coronavirus sono iniziate ad arrivare le prime telefonate di clienti che volevano disdire e ora ci troviamo con solo 2 o 3 camere occupate sulle 12 che avevamo venduto. Nel giro di quattro giorni ci sono state cancellate tra il 60 e il 70% delle prenotazioni che avevamo in agenda da qui a maggio. Se continua così rischiamo di non riuscire più a pagare gli stipendi, i fornitori e gli affitti “. Così Gianluca Perego, gestore della Locanda Antica Venezia, racconta a Ilfattoqiuotidiano.it le ripercussioni dell’emergenza coronavirus sul turismo nella città lagunare, già duramente colpita nei mesi scorsi dal problema dell’acqua alta. “Veniamo da un periodo già difficile, con perdite di decine migliaia di euro, puntavamo tutto sul Carnevale per risollevarci – spiega -. Questa doveva essere una settimana da tutto esaurito per Venezia e invece la città è praticamente deserta, complici anche tutti gli eventi annullati. Da sabato sono scappati tutti e i pochi turisti rimasti preferiscono restare chiusi in hotel per paura di un possibile contagio. In ogni angolo della città hanno appeso dei volantini scritti in diverse lingue con le limitazioni previste dalla Regione e i consigli per l’igiene e questo ha spaventato ulteriormente la gente, che vede questo virus come la peste”.

Le immagini che arrivano dalla Serenissima immortalano infatti una piazza San Marco semi deserta, con i musei chiusi, gli operai al lavoro per smontare in anticipo il grande palco della festa e i tavolini dei locali storici completamente vuoti. I camerieri incrociano le braccia e scrutano, in attesa di qualche turista in avvicinamento. Inutile cercare di entrare nella Basilica di San Marco, interdetta alle visite e anche alle celebrazioni strettamente religiose. La chiesa dai mosaici d’oro è chiusa, gli addetti della Procuratoria hanno affisso i cartelli, in italiano e inglese, che avvertivano della decisione presa “per motivi di sicurezza pubblica”. Stessa situazione alla Porta della Carta, ingresso per le visite al Palazzo Ducale, che qualcuno fotografa da fuori. Per le calli si incontra poca gente e tutta rigorosamente con indosso la mascherina.

A disdire le prenotazioni sono stati per primi i turisti italiani, da una parte allarmati per le notizie dei casi di coronavirus accertati nel Veneto e in particolare all’ospedale di Venezia, dall’altra delusi dallo stop alle manifestazioni tradizionali del Carnevale: “Una signora mi ha chiamato e mi ha detto: ‘Io venivo per quello, per le maschere, ora cosa vengo a fare?’, come se la città non avesse altro da offrire. Gli stranieri invece, soprattutto gli europei, più che del coronavirus hanno paura delle misure messe in atto dai loro governi e, quando mi chiamano per disdire, spiegano che loro verrebbero senza problemi ma non vogliono poi rischiare di esser messi in quarantena al rientro nei loro Paesi. E io mi ritrovo ia dover gestire ogni giorno decine di richieste di rimborsi da parte di clienti che minacciano di denunciarmi se provo a spiegare loro che Venezia è ben distante dalla zona rossa dei focolai e che la città non rientra tra quelle in isolamento”.

Confturismo stima – su dati di BankItalia – 22 milioni di entrate in meno per Venezia solo nel trimestre febbraio-aprile ma il bilancio è ancora provvisorio. Per far fronte alle continue disdette, tutti gli albergatori di Venezia stanno cercando di correre ai ripari abbassando i prezzi delle camere ma nonostante questo gli hotel restano vuoti. A gennaio sono cominciate le disdette dei turisti cinesi e orientali, poi è arrivato il blocco dei voli e ora “nessuno vuole più venire, c’è una psicosi fuori controllo. Forse colpa anche degli allarmismi iniziali. Se continua così potrei avere una perdita di 100 mila euro in questi primi mesi dell’anno. Con solo un paio di camere affittate su 12 non riesco certo a coprire le spese della struttura e tra i rimborsi e i mancati incassi rischio di non riuscire più a pagare gli stipendi dei miei dipendenti, i fornitori e l’affitto della struttura. Il problema è che non rientrando nella zona rossa non abbiamo al momento diritto ai fondi straordinari stanziati dal governo “, conclude Gianluca Perego.

L’Associazione Veneziana Albergatori sta cercando di fare una prima provvisoria stima delle perdite complessive per portare l’istanza al Ministero dell’Economia ma al momento non sono previsti aiuti per il turismo nella città. “È difficile in queste ore avere un quadro preciso – ha affermato il vicedirettore dell’Ava-Federalberghi, Daniele Minotto – ma si stima che al momento le disdette superino il 40%. E il dato va crescendo. Le difficolta’ riguardano in particolare gli eventi già programmati: se le cene in hotel, al pari di quelle dei pubblici esercizi, possono essere confermate, sono stati invece cancellati balli in maschera, feste, dibattiti e proiezioni”.

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