Cessate il fuoco a Idlib. Il Ministero della Difesa turco ha annunciato che alla mezzanotte di domenica è previsto uno stop alle ostilità nella zona di de-escalation della provincia siriana, ultima roccaforte dei ribelli anti-Assad nel Paese oggetto di continui raid della coalizione di Mosca e Damasco che, secondo le Nazioni Unite, hanno provocato solo a dicembre 284mila sfollati. La decisione è stata presa nel corso dell’incontro dell’8 gennaio tra i due presidenti russo e turco, Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdoğan, durante il quale era stato trovato un accordo anche su un cessate il fuoco, alla stessa ora dello stesso giorno, in Libia. Accordo che, però, non avrà seguito, almeno dalle ultime dichiarazioni del generale della Cirenaica, Khalifa Haftar.

Già giovedì l’esercito russo aveva annunciato che un cessate il fuoco era entrato in vigore nella provincia nel nordovest della Siria: a partire dalle 11 di giovedì, “un cessate il fuoco è stato messo in atto nella zona di de-escalation di Idlib, in conformità con un accordo con la parte turca”, aveva affermato il Centro russo per la riconciliazione in Siria in un comunicato stampa. Tregua durata solo poche ore, visto che venerdì mattina l’aviazione di Mosca e quella governativa hanno ripreso i bombardamenti, secondo quanto riferito dall’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus).

Lo stop ai raid e agli scontri nella provincia siriana, dove a essere colpiti non sono stati solo obiettivi collegabili alle forze ribelli, ma anche scuole e ospedali, limiterebbe una crisi umanitaria che va avanti da diversi mesi, visto che è in quell’area che, dopo la caduta definitiva dello Stato Islamico, si sono concentrate le forze militari di Mosca e Damasco per garantire la sopravvivenza del regime di Bashar al-Assad e stroncare l’ultima sacca di resistenza.

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