Dopo il fine settimana di paura sull’asse Firenze-Pisa-Livorno per la piena dell’Arno, in Toscana tornano le polemiche sul sistema di allerta dei Comuni, finito sotto la luce dei riflettori nell’alluvione di Livorno di due anni fa che provocò 8 morti. Tutto è iniziato sabato quando i sindaci del sud della provincia di Livorno guidati da quello di Cecina, Samuele Lippi (Pd), hanno denunciato di essere stati “lasciati soli da governo e Regione” e lunedì gli ha fatto eco anche il collega di Livorno, Luca Salvetti, che ha ordinato per l’ennesima volta la chiusura delle scuole e dei parchi cittadini dopo aver diramato l’allerta rossa: “Se c’è un codice rosso per l’Arno non è possibile che Livorno debba essere bloccata nonostante si sappia che non succederà niente – ha detto, attaccando la Regione che si occupa di individuare le zone a rischio – per questo bisogna cambiare le cartine”.

Salvetti si riferisce al bollettino che viene quotidianamente diramato dal Centro Funzionale di Monitoraggio della Regione che disegna un reticolato della Toscana con le zone a rischio idraulico nei giorni di pioggia e in base al quale i sindaci delle città diramano l’allerta. Proprio sulla gestione dell’allerta nel settembre 2017 l’allora sindaco M5s di Livorno, Filippo Nogarin, fu accusato dall’allora opposizione di centrosinistra per non aver installato l’applicazione in dotazione ai sindaci, mentre i pm che ne hanno chiesto il processo (il giudice deciderà il 14 gennaio) gli contestano tra le altre cose l’omissione di “qualsivoglia attività di previsione e prevenzione a lui affidata dalla legge”. In sintesi: “Non assunse la direzione e il coordinamento dei servizi di emergenza”.

L’allerta meteo: “Uno scaricabarile sui Comuni”
Domenica era stata la giornata più difficile a causa dell’ingrossamento dell’Arno sopra i livelli di guardia: alle 13 il Centro Funzionale della Regione, che fa riferimento ai dati dell’Istituto Meteorologico Lamma, aveva pubblicato una cartina con il massimo rischio idrico tra Pisa e Livorno e nella zona di Piombino e Grosseto, ovvero lungo il corso dell’Arno e dell’Ombrone. I sindaci delle rispettive città sono stati concordi nel chiedere alla Regione un cambiamento nella gestione dell’allerta.

Salvetti vorrebbe che si rivedesse il modo di fare le cartine perché non si può fare solo riferimento al rischio dei grandi fiumi (l’Arno arriva in mare anche grazie allo Scolmatore, canale che alleggerisce il carico di acqua negli ultimi 30 chilometri) mentre 14 sindaci del sud della provincia di Livorno – da Piombino a San Vincenzo passando per Suvereto e Campiglia Marittima, di vari partiti e schieramenti – hanno firmato una lettera per chiedere alla giunta e al governo di dare loro maggiori poteri: “Questo modello di protezione civile non va bene e il sistema funziona in base allo scaricabarile – ha spiegato il sindaco di Cecina Lippi – Vogliamo altri strumenti: abbiamo più responsabilità ma non ci hanno dotato di mezzi idonei alle valutazioni delle singole situazioni di allerta”. Il primo cittadino di Cecina infatti accusa la Regione di fornire ai Comuni le cartine del rischio e poi lasciare a loro la discrezionalità sulle misure di allerta: “Non possiamo contare su profili che siano in grado di fornire ai sindaci un supporto adeguato per la valutazione del rischio – ha detto Lippi in un’intervista al Tirreno – Non posso basarmi solo sul mio buonsenso”. Al momento sembra che la Regione voglia affiancare, di volta in volta, i sindaci dei Comuni a rischio con funzionari specializzati.

Tutti gli scivoloni a due anni dall’alluvione
Ma oltre alle richieste di modifica del sistema di allerta, nelle ultime ore è ripresa la polemica politica anche per delle uscite controverse dei protagonisti. Già l’11 settembre 2017, la mattina successiva all’alluvione che travolse Livorno, Comune e Regione iniziarono a litigare mentre ancora si cercavano alcuni corpi dispersi tra le 8 vittime: il sindaco Filippo Nogarin si lamentò del fatto che il codice di allerta era “solo arancione”, il governatore Enrico Rossi replicò che anche con il codice arancione i sindaci sono in grado “di mettere in atto determinati interventi”. A due anni di distanza poco è cambiato nella comunicazione pubblica istituzionale su una questione così delicata come la gestione delle emergenze.

Alcuni giorni fa Nogarin è finito sotto accusa per un’uscita su facebook: in un post un ex consigliere comunale M5s ricordava le responsabilità politiche dei ritardi della realizzazione del Mose poche ore dopo il dramma di Venezia e si chiedeva retorico “Di chi è la colpa?” e l’ex sindaco – imputato per omicidio colposo plurimo – ha risposto con ironia “Mmm… Mia?“, scatenando le reazioni di protesta di vari utenti che hanno protestato per quella che secondo loro è stata l’inopportunità di un intervento del genere proprio mentre attende di sapere se finirà o meno a processo (l’udienza davanti al gup è a gennaio).

Domenica sera è stato Rossi che, anche in contraddizione con le accuse di Salvetti e dei sindaci della costa, ha esultato perché questa volta “i sindaci si sono comportati in maniera corretta” mettendo in mezzo proprio il processo a Nogarin: “Due anni fa ci furono otto morti perché non fu data l’allerta – ha detto il presidente della Regione al Tgr Toscana – Questa volta invece, grazie al nostro lavoro, non è successo niente”. E così ha provocato la replica del M5s: “E’ inaccettabile che il presidente Rossi spari sentenze senza nemmeno un rinvio a giudizio – dice a ilfattoquotidiano.it l’ex vicesindaca Stella Sorgente – Poi si pavoneggia per lavori che non sono ancora stati fatti e io non so cosa succederebbe se oggi a Livorno cadesse la stessa pioggia del 2017”.

Twitter: @salvini_giacomo

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