La manovra “non solo diminuisce la pressione fiscale in misura considerevole rispetto al tendenziale, ma riduce le tasse anche rispetto all’anno precedente”. Infatti “al netto della lotta all’evasione e delle misure sulle Dta bancarie (le imposte differite attive, ndr), le vere e proprie misure che si possono assimilare a tassazione ‘cubano’ 3,4 miliardi su un complesso di manovra di 30 miliardi”. A ribadirlo, in audizione alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, è stato il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri in audizione a Palazzo Madama. Gualtieri ha spiegato che la pressione fiscale appare invariata al 41,9% ma al netto di misure come il recupero dell’evasione o il differimento delle Dta “avremo una riduzione di 7,1 miliardi della pressione fiscale anche rispetto all’anno precedente”.

Il ministro ha anche confermato che la stretta sulle auto aziendali “va migliorata per evitare che si traduca in un aumento sella pressione fiscale sui lavoratori dipendenti” ma “non è una nuova tassa bensì una rimodulazione di un sussidio pubblico che oggi è tra i più alti dei Paesi Ocse”. “Siamo al lavoro per un miglioramento della norma, che salvaguardi l’obiettivo di incentivare il rinnovamento del parco, ma modulando tempi e forme”, in modo anche da “garantire che modalità e tempi siano coerenti con i piani produttivi del settore automobili”, ha detto, aggiungendo però di aver letto “numeri fantasiosi” sull’impatto della misura che “riguarda 300mila auto”. Secondo il ministro “stime del tutto fantasiose, tecnicamente e totalmente infondate“, sono circolate anche sugli aumenti dei prezzi che verrebbero causati dalla Plastic tax. Solo lunedì però i tecnici del Servizio Bilancio del Senato nell’analisi della manovra hanno sottolineato che occorre “una verifica al fine di escludere la sovrastima del gettito atteso” che, “in mancanza di confutazione e considerando i dati esposti, potrebbe aggirarsi su una quota pari a circa 800 milioni di euro“. La manovra quantifica i proventi in 1 miliardo nel 2020, 1,7 nel 2021, 1,5 nel 2022 e 1,7 nel 2023, cosa che suscita altri dubbi nei tecnici visto che “il complesso delle disposizioni in esame che prevedono da un lato la tassazione degli imballaggi monouso e dall’altro l’incentivo alla produzione di manufatti biodegradabili e compostabili induce a ritenere verosimile che la quantità di imballaggi MACSI sarà destinata ad una contrazione”, quindi non si spiega perché l’ammontare di gettito recuperabile dalla nuova imposta stando alla relazione tecnica resti invariato.

Affrontando il capitolo delle misure per la famiglia, l’ex presidente della Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento Europeo ha spiegato che la gratuità degli asili nido per le famiglie meno abbienti entrerà in vigore dal primo gennaio e non a settembre come lui stesso aveva ipotizzato il mese scorso, prima che venisse completato il testo della manovra con relative coperture. Il contributo resta invariato per le famiglie con Isee superiore a 40mila euro, sale a 2.500 per quelle con Isee tra i 25mila e i 40mila euro e arriva a 3mila euro per Isee sotto i 25mila euro. Ci sarà quindi “la gratuità per la grande maggioranza delle famiglie italiane, insieme a maggiori investimenti per la dotazione degli asili”.

Il vicedirettore generale della Banca d’Italia Luigi Federico Signorini, in audizione, ha rilevato che “gli effetti del bonus per gli asili nido sono potenzialmente rilevanti” ma “la scelta di legarlo all’Isee potrebbe scoraggiare l’offerta di lavoro di un secondo percettore di reddito, specie in prossimità delle soglie che determinano l’ammontare dell’importo: tanto più in quanto le rette che le famiglie pagano per gli asili nido sono già modulate in funzione dell’Isee. L’esperienza potrà dare indicazioni utili per definire l’assetto a regime delle misure di sostegno alla famiglia”. Nel documento di via Nazionale si sottolinea anche che attualmente “l’offerta di posti nelle strutture per la prima infanzia è inadeguata” e si ricorda che secondo i dati Istat il rapporto posti e utenza potenziale nel 2016-17 era “in media pari al 24%“, “assai al di sotto del target del 33% fissato dal Consiglio europeo per favorire la conciliazione della vita familiare con quella lavorativa”.

Anche l’Ufficio parlamentare di bilancio ha affrontato il tema del costo degli asili: nel 2019 “emerge una spiccata disomogeneità territoriale del beneficio attualmente erogato, sia con riferimento al tasso di copertura del bonus rispetto ai bambini minori di tre anni residenti, sia con riferimento all’importo del bonus erogato”. “Si passa infatti dal massimo di copertura del 29% in Valle d’Aosta al livello minimo dell’11% in Campania e Calabria e da una erogazione massima di 651 euro per utente nelle Marche a una erogazione minima di 426 euro sempre in Campania”. La distribuzione “rispecchia quella dell’offerta complessiva dei posti di asilo nido” che va da una copertura media del 2,5% in Campania al 26% a Trento, secondo i dati Istat sul 2016. “Appare pertanto essenziale un coordinamento” tra i sostegni a domanda e offerta pubblica per evitare la concentrazione di un duplice beneficio”, di posti e bonus, per “i cittadini residenti nei territori coperti dal servizio a scapito di quelli residenti nei territori che ne sono sprovvisti”.

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