Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa contava di arrivare al summit dell’Onu sul clima, che si apre a New York lunedì 23 settembre, con in tasca “il primo decreto legge a livello europeo sui cambiamenti climatici“. Ma il percorso del decreto Clima, di cui mercoledì 18 settembre erano circolate le bozze e che era atteso in consiglio dei ministri oggi, si è rivelato più difficile del previsto. Il provvedimento non è stato inserito nell’ordine del giorno del cdm e slitterà di una settimana. In un primo momento era circolata anche l’ipotesi di trasformarlo in un disegno di legge, per non eccedere con la decretazione d’urgenza come chiesto dal presidente della Camera Roberto Fico, ma soprattutto per avere più tempo. La soluzione finale è stata quella di far slittare il decreto di una settimana per permettere un confronto con i ministeri dei Trasporti, dell’Economia e dello Sviluppo economico. Da un lato infatti sono emersi problemi di coperture, ma Costa è pronto a mettere sul piatto come coperture i proventi della vendita delle quote di emissione attraverso il sistema di scambio europeo Ets. Dall’altro ci sono divergenze all’interno della maggioranza rispetto a uno dei punti cruciali: la progressiva riduzione dei Sussidi ambientalmente dannosi (Sad), tra cui l’accisa ridotta sul gasolio. Per prima cosa ad ogni modo, si è chiesto a Costa più tempo per arrivare all’elaborazione di un testo “il più possibile condiviso”. Fonti vicine al ministero dell’Ambiente, hanno fatto sapere che in generale però hanno riscontrato una “convergenza” e il clima è di collaborazione.

Le opposizioni però stanno facendo muro: Giorgio Mulè di Forza Italia sostiene che il “decreto verde penalizza il comparto dell’auto, già in forte crisi da mesi” e l’ex viceministro leghista Massimo Garavaglia attacca parlando di “prima mazzata fiscale: 16,8 miliardi di euro di nuove tasse”, ovvero l’ammontare dei sussidi che verrebbero progressivamente tagliati. “Questa tremenda mazzata viene mascherata come operazione ‘green’, ma in realtà serve anche e soprattutto per fare cassa. Solo il 50% degli importi derivanti dai tagli alle agevolazioni fiscali sarà destinato al fondo per il finanziamento di interventi ambientali”.

Autotrasportatori: “No a penalizzazioni anche per i mezzi meno inquinanti” – Stando all’ultima ricognizione del ministero i Sad sottraggono alle casse pubbliche oltre 19 miliardi l’anno di cui 16,8 di incentivi alle fonti fossili. La bozza del Dl circolata mercoledì prevede che il primo taglio di quei sussidi, che sono ufficialmente riconosciuti come dannosi per l’ambiente, inizi già dal 2020: si parla di un 10% graduale fino all’annullamento entro il 2040. Le risorse recuperate andrebbero per il 50% in Fondo ad hoc al ministero dell’Economia per investimenti in tecnologia, innovazione e modelli di sviluppo sostenibile. Un intervento del genere è arduo per le possibili ricadute politiche: basti pensare che in Francia la protesta dei Gilet gialli iniziò proprio con le proteste dei camionisti contro gli aumenti dei prezzi del gasolio per ridurre le emissioni di Co2. Non a caso la lobby degli autotrasportatori, che gode di agevolazioni fiscali ad hoc oltre che dell’accisa ridotta sul gasolio garantita a tutti gli automobilisti, sta già gridando al “clamoroso autogol per lo Stato”. “I tagli lineari che riguardassero l’autotrasporto sarebbero quantomeno inaccettabili”, avverte il vicepresidente di Confcommercio e Conftrasporto Paolo Uggè. “Il governo verrebbe meno all’impegno assunto con la categoria e si penalizzerebbero anche i mezzi pesanti meno inquinanti come gli euro 6″. In compenso, concede, “se invece si penalizzassero solo i veicoli più vecchi, quindi maggiormente inquinanti, tagliando solo a questi i rimborsi delle accise sul gasolio, si spingerebbero le imprese a rinnovare il parco circolante, con un evidente vantaggio per l’ambiente”.

I sindacati: “Non c’è stato confronto” – “Sul decreto clima non c’è, purtroppo, nessun ‘grande confronto’ così come invece dichiara il ministro dell’Ambiente Sergio Costa”, lamenta dal canto suo la vicesegretaria generale della Cgil, Gianna Fracassi. “Non si può parlare di ‘massima condivisione’ se non è stato avviato alcun dialogo con i sindacati. Chiediamo che venga aperto un dialogo con le parti sociali, perché il clima non è una priorità per i soli ambientalisti, gli unici che, come si legge nella bozza di decreto, sono stati invitati a far parte della cabina di regia. Il clima è un tema che ha rilevanti ricadute anche sul mondo del lavoro. Per questo la Cgil promuoverà assieme a studenti, lavoratrici e lavoratori una serie di iniziative e assemblee nei luoghi di lavoro in occasione della ‘Settimana per il futuro'”. Anche la leader della Cisl, Annamaria Furlan, si è detta “stupita quando ho scoperto che è già bello e pronto un decreto dove ci sono anche scelte importanti e significative”: “ieri” all’incontro tra governo e sindacati “nessuno ci ha accennato che fosse pronto un decreto importante, di questa natura. Non è stato un bene che un atto così importante e significativo dopo l’incontro che è stato davvero positivo nella mattinata lo scoprissimo invece oggi dai giornali”.

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