In Italia i livelli di istruzione sono in aumento, ma restano ancora sotto la media europea: siamo indietro sia per numero di diplomati che per quello di laureati. Per questi ultimi cresce la possibilità di trovare un posto di lavoro. Vale ancora di più per le donne che sono in vantaggio, rispetto agli uomini, nei livelli di istruzione. Eppure i loro tassi di occupazione restano inferiori. Nonostante il miglioramento degli ultimi anni, la quota di Neet (i giovani che non studiano e non lavorano) è ancora la più elevata tra i Paesi dell’Unione, mentre cresce il numero di ragazzi che abbandonano gli studi. Sono alcuni dei dati riportati dall’Istat nel report ‘Livelli di istruzione e ritorni occupazionali’.

IL LIVELLO DI ISTRUZIONE IN ITALIA – In Italia la quota di diplomati tra i 25 e i 64 anni si stima sia pari al 61,7% nel 2018 (+0,8 punti percentuali sul 2017), un valore molto inferiore a quello medio europeo, pari a 78,1% (+0,6 punti sul 2017). Su questa differenza incide la bassa quota di 25-64enni con la laurea: meno di due su dieci in Italia (19,3%, +0,6 punti rispetto all’anno precedente) contro oltre tre su dieci in Europa (32,3%, +0,8 punti rispetto all’anno precedente). Il trend degli ultimi anni è positivo. Tuttavia, tra il 2014 e il 2018 la quota di popolazione con laurea ha avuto una crescita più contenuta di quella Ue (2,4 punti contro 3 punti).

IN UE SIAMO PENULTIMI PER GIOVANI LAUREATI – Sicuramente i più giovani sono anche i più istruiti: il 75,9% dei 25-34enni ha almeno il diploma di scuola secondaria superiore contro il 47,9% dei 60-64enni. Rimane tuttavia forte, anche tra i più giovani, lo svantaggio dell’Italia rispetto al resto d’Europa. Il secondo target relativo all’istruzione della strategia Europa2020 riguarda l’innalzamento al 40% della quota di 30-34enni in possesso di una laurea. Con un valore stimato al 40,7%, l’Ue ha complessivamente raggiunto nel 2018 l’obiettivo, Francia, Spagna e Regno Unito lo hanno superato da diversi anni, mentre in Italia la quota è al 27,8%. Malgrado il miglioramento dell’ultimo anno (+0,9 punti sul 2017) e una crescita superiore a quella media europea tra 2014 e 2018 (+3,9 punti contro +2,7) il nostro Paese si posiziona al penultimo posto nell’Ue.

LE DONNE? PIU’ ISTRUITE – Tra i maggiori Paesi europei, Italia e Spagna hanno in comune il marcato vantaggio delle donne nei livelli di istruzione. Nel nostro Paese, le donne almeno diplomate sono il 63,8% contro il 59,7% degli uomini, mentre la differenza di genere nella media Ue è meno di un punto percentuale. Sul fronte del titolo di studio terziario, il vantaggio femminile – evidente anche nella media europea – è comunque più accentuato in Italia: 22,1% e 16,5% le quote femminili e maschili.

CRESCE IL DIVARIO CON GLI STRANIERI – Un divario importante c’è anche tra italiani e stranieri. Tra questi ultimi solo il 47,9% ha conseguito almeno il diploma di scuola secondaria superiore (o equivalente) e soltanto il 12,4% possiede un titolo terziario, a fronte del 63,3% e del 20,1% registrato tra gli italiani. Il gap di cittadinanza è grande anche in Europa, soprattutto in Francia e Germania. Fanno eccezione il Regno Unito, dove il livello di istruzione degli stranieri è superiore a quello dei cittadini inglesi, e la Spagna, che presenta quote di cittadini almeno diplomati piuttosto simili tra stranieri e locali. A differenza di quanto accaduto in altri Paesi europei, in Italia questo divario è cresciuto nel tempo.

CHI SI LAUREA HA PIÙ CHANCE – Tra il 2014 e il 2018, periodo di ripresa economica, è aumentato il vantaggio occupazionale dei laureati rispetto ai diplomati (+2,2 punti) mentre si è ridotto il vantaggio del titolo secondario superiore rispetto a quello inferiore (-1,8 punti). Il vantaggio occupazionale di un elevato livello di istruzione è decisamente più marcato per la componente femminile, soprattutto in Italia. Le donne diplomate hanno un tasso di occupazione di 25 punti maggiore rispetto alle coetanee con basso livello di istruzione (vantaggio doppio rispetto a quello degli uomini), e la differenza tra laurea e diploma è di 16,7 punti (scarto oltre tre volte maggiore di quello maschile). Al Sud, dove ci sono le maggiori criticità, per le donne una maggiore istruzione rappresenta ancora di più un modo per ridurre i divari. Eppure in Italia, nonostante i vantaggi occupazionali derivanti dai più alti livelli di istruzione siano simili a quelli registrati nella media Ue, i tassi di occupazione restano più bassi, quelli di disoccupazione più alti e permangono divari di genere e sul territorio.

I NEET – Al 2018, in Italia i giovani di 15-29 anni non occupati e non in formazione sono 2 milioni e 116mila (23,4%). Dopo il costante aumento registrato dall’inizio della recessione, la quota di Neet ha iniziato a scendere a partire dal 2015, in concomitanza con la ripresa economica (-2,8 punti nell’ultimo quadriennio, -0,7 punti nell’ultimo anno). Il valore resta ancora quattro punti superiore a quello del 2008 (19,3%) e la quota di Neet è ancora la più elevata tra i Paesi dell’Unione (23,4% contro 12,9%). Il calo registrato nell’ultimo quadriennio in Italia è infatti in linea con il trend europeo e lascia sostanzialmente invariata la distanza con la media Ue. L’incidenza dei Neet è pari al 24,8% tra i diplomati, al 22,7% tra chi ha al più un titolo secondario inferiore, mentre scende al 20,2% tra i laureati.

L’ABBANDONANO DEGLI STUDI – L’Italia mostra notevoli progressi sul fronte degli abbandoni scolastici. Tuttavia, la quota di 18-24enni che posseggono al più un titolo secondario inferiore e sono fuori dal sistema di istruzione e formazione sale al 14,5% nel 2018 (598 mila giovani) dopo la stazionarietà del 2017 e il sensibile calo registrato fino al 2016. Questo indicatore rientra tra quelli previsti dalla Strategia Europa2020 sull’istruzione, che fissa il target europeo al 10%. Tale obiettivo è vicino per l’Ue e per il Regno Unito e la Germania mentre in Francia è stato superato da diversi anni. In Italia, il differenziale rispetto al valore medio europeo è ancora pari a -3,9 punti nel 2018. L’uscita precoce dagli studi è decisamente più accentuata per i giovani stranieri – 37,6% contro 12,3% degli italiani – per i quali nell’ultimo anno si registra un peggioramento (+4,5 punti contro +0,2 punti negli italiani) dopo i progressi degli anni precedenti.

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