Migranti lasciati senza cibo anche per cinque giorni. La denuncia del Comitato Helsinki per i diritti umani, un’organizzazione non governativa con base in diversi Paesi europei, non si riferisce alla condizione degli africani intrappolati nei centri di detenzione libici, ma a coloro che hanno inoltrato una richiesta di protezione internazionale in Ungheria e se la sono vista rifiutare. Secondo quanto raccolto dagli operatori della ong, in 8 diversi casi che hanno coinvolto 13 individui nel 2019, il governo ha stoppato le forniture di cibo, lasciando le persone senza mangiare quasi una settimana. “Provvediamo a tutto il necessario per coloro che sono autorizzati a rimanere nelle zone di transito (una sorta di zona franca al confine pensata dall’esecutivo di Budapest per ospitare i migranti che fanno richiesta d’asilo, ndr)”, ha risposto Zoltán Kovács, portavoce del primo ministro Viktor Orbán, che poi ha aggiunto: “È un approccio simile a quello di lavoro. Quando il business è finito non c’è niente che possiamo fare”.

Il comportamento denunciato dall’organizzazione prevede che i migranti vengano trattenuti nelle zone di transito fino a quando la loro domanda di protezione internazionale non riceve una risposta dalla magistratura. In caso di diniego, però, le persone perdono automaticamente e immediatamente qualsiasi diritto all’interno di questa zona franca. Così, con le domande respinte è arrivata anche la fame, con persone, dicono dall’Helsinki Committee, che sono rimaste senza nutrirsi anche per cinque giorni o più. “Una violazione dei diritti umani senza precedenti nell’Europa del 21esimo secolo”, dicono aggiungendo che le leggi internazionali sui diritti umani potrebbero considerarlo “trattamento inumano o anche tortura“.

Nel documento pubblicato questa settimana, l’organizzazione ha registrato otto casi nel solo 2019 che coinvolgono 13 persone che hanno ottenuto il cibo dalle autorità ungheresi solo dopo l’intervento della Corte europea dei diritti umani. Nell’attesa della risposta dell’esecutivo magiaro alle sollecitazioni di Bruxelles, le persone sono rimaste senza cibo.

Il governo, da parte sua, spiega la scelta seguendo la linea dettata dalle dichiarazioni proprio di Kovács, un anno fa, quando disse che “non ci sono pasti gratis per nessuno”. Quando le domande dei migranti vengono respinte, ha spiegato, questi sono liberi di tornarsene in Serbia. In realtà, Budapest e Belgrado, secondo quanto riporta il Guardian, non avrebbero un accordo di riammissione e quindi le persone presenti nelle zone di transito non possono essere deportate legalmente. Per tutti gli altri, sia coloro che si trovano in attesa di una risposta da parte del governo, sia coloro che hanno ottenuto asilo politico (solo 349 nel 2018) “provvediamo a tutto il necessario”. Il diritto a rimanere in Ungheria, spiega Kovács, non si ottiene “solo con una storia, ma fornendo prove reali”.

“L’idea alla base di questa scelta – dice Márta Pardavi, condirettrice dell’Helsinki Committee ungherese – è che se affami abbastanza le persone le costringerai a scappare in Serbia. Ma vuole anche dire che queste persone entreranno in Serbia con modalità totalmente illegali secondo le autorità di Belgrado”.

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