La strage di Pasqua in Sri Lanka con esplosioni a chiese e hotel di lusso non è un caso isolato, seppure si distingua per l’elevato numero di morti, peggiore anche dell’attacco avvenuto alla vigilia del Venerdì santo del 2015 in una scuola salesiana del Kenya quando un commando armato fece irruzione all’alba nel campus uccidendo, in 16 ore di sparatorie ed esplosioni, 147 persone, in gran parte studenti di fede cristiana, molti ancora addormentati nei dormitori. Il 9 aprile 2017, domenica delle Palme, due attentatori Kamikaze hanno invece ucciso 45 persone in Egitto nell’ambito di due attacchi rivendicati dall’Isis, uno vicino a una chiesa nella città egiziana di Tanta, a nord del Cairo, e un altro ad Alessandria. Il 27 marzo 2016, più di 70 persone, tra cui molti bambini, sono morte e centinaia sono rimaste ferite in un attentato suicida in un parco affollato a Lahore, grande città del Pakistan orientale, dove i cristiani celebravano le feste di Pasqua. L’attacco fu rivendicato da una fazione del movimento talebano pakistano, il Jamaat-ul-Ahrar. Ancora prima, l’8 aprile 2012, 41 persone sono state uccise dall’esplosione di un’autobomba la domenica di Pasqua vicino a una chiesa di Kaduna, nel nord della Nigeria, dove è attivo il gruppo islamista Boko Haram.

Altri attentati contro cristiani sono stati commessi negli ultimi anni. Nell’elenco dei più gravi c’è quello che ha causato 21 vittime il 27 gennaio di quest’anno in un doppio attacco durante una messa nella cattedrale di Jolo, nel sud delle Filippine, rivendicato dall’Isis. Le autorità lo attribuirono alla fazione Ajang-Ajang, un gruppo legato agli islamisti di Abu Sayyaf. Analoga scia di sangue in Egitto il 27 maggio 2017: 29 persone, tra cui molti bimbi, sono stati uccisi a Minya, colpiti da un attacco su un autobus che trasportava pellegrini copti verso il monastero di San Samuele. Anche in questo caso la firma fu quella dell’Isis. Sempre in Egitto, l’11 Dicembre 2016, violenza suicida contro una chiesa copta ortodossa del Cairo, adiacente alla Cattedrale di San Marco: 29 morti. Con la rivendicazione dello Stato islamico. Cristiani sempre nell’obiettivo del terrore in Yemen il 4 marzo 2016. Sedici persone, tra cui quattro suore cattoliche straniere, uccise da uomini armati che attaccarono un ospizio delle sorelle di Madre Teresa ad Aden. Una carneficina attribuita allo Stato islamico. Il 15 marzo 2015 fu ancora il Pakistan il drammatico teatro di un duplice attentato realizzato con cintura esplosiva vicino a due chiese durante la messa domenicale in un quartiere cristiano di Lahore. Il bilancio fu di 17 vittime e 70 feriti. A firmare l’azione di morte i talebani pakistani di Tehreek-e-Taliban Pakistan (TTP)

Secondo gli ultimi dati della World Watch List – il Rapporto sulla persecuzione anti-cristiana nel mondo pubblicato dalla ong Porte Aperte, l’ultima volta a gennaio 2019 – sono molte migliaia i cristiani uccisi  ogni anno per ragioni legate alla loro fede: 4.305 nel 2018, in crescita rispetto ai 3.066 del 2017, il maggior numero in Nigeria. Nel 2018, si legge nel Rapporto, sono saliti a 245 milioni i cristiani perseguitati nel mondo. Sui 150 Paesi monitorati, 73 hanno mostrato un livello di persecuzione definibile alta, molto alta o estrema, mentre l’anno scorso erano 58. Tra i Paesi che rivelano una persecuzione definibile estrema, lo Sri Lanka è in 46esima posizione. Al primo posto c’è la Corea del Nord, dove si stimano tra 50 e 70mila cristiani detenuti nei campi di lavoro per motivi legati alla loro fede. Anche Afghanistan (secondo posto), Somalia (terzo), Libia (quarto) si confermano tra i Paesi dove la vita per i cristiani è più difficile. In Asia, incluso il Medio Oriente un cristiano su 3 è definibile perseguitato. Un processo accelerato – indica il Rapporto – della situazione in Cina.

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