“Un futuro luminoso e un domani migliore”. Gli slogan campeggiano già da alcuni giorni sui palazzi color sabbia del Cairo: chiedono di votare sì all’ennesimo referendum costituzionale – negli ultimi otto anni, tra emendamenti e nuove carte, gli egiziani si sono pronunciati già tre volte – che potrà permettere di prolungare il mandato dell’attuale presidente Abdel Fattah al-Sisi sino al 2030. Il Parlamento nazionale ha oggi dato l’ultimo via libera al documento che sarà sottoposto a suffragio tra il 22 e il 24 aprile. Una chiamata alle urne che si svolgerà in un clima di repressione senza precedenti nella storia moderna del Paese.

Al-Sisi ha preso il potere nel 2013 con un colpo di Stato ai danni dell’islamista Mohammed Morsi e nel 2014 è stato eletto presidente. Carica nella quale è stato riconfermato nel 2018 con il 97,8% dei voti contro un unico sfidante, Moussa, Mostafa Moussa, peraltro suo sostenitore. La modifica costituzionale che sta per essere sottoposta ai cittadini egiziani contiene due nuovi articoli e 14 emendamenti alla Costituzione del 2014: tra questi la modifica dell’articolo 140 che nella sua versione originale prevedeva un limite di due mandati da quattro anni ciascuno per il presidente della Repubblica. Il primo paragrafo dell’articolo è stato riformulato e la durata è aumentata a sei anni. Per permettere la ricandidatura di al-Sisi, però, il Comitato per gli affari costituzionali e legislativi ha inserito un articolo transitorio che allunga di due anni il mandato cominciato lo scorso anno. L’attuale presidente, dunque, resterebbe in carica non più fino al 2022 ma fino al 2024, e dopo quella data potrebbe candidarsi a occupare lo scranno per ulteriori sei anni.

Quanto al-Sisi e il suo entourage tengano all’accoglimento della proposta lo dimostra il fatto che l’iter di modifica della Costituzione sia stato accompagnato, come di norma ormai negli ultimi sei anni della vita politica e sociale egiziana, dalla repressione di qualsiasi forma di dissenso. Due campagne intitolate “Per costruirlo” e “La gente chiede” – nome che parafrasava la storica frase dei rivoluzionari di Piazza Tahrir “La gente chiede la caduta del regime” – hanno cercato di associare una parvenza di consenso popolare alla modifica della carta costituzionale. Ma i numeri forniti dai promotori, secondo i quali sarebbero state raccolte 13 milioni di firme, sono impossibili da verificare. Lo scorso agosto, la corrispondente del The Guardian Ruth Michaelson ha scritto di essersi recata in uno dei quartieri generali di “Per costruirlo” ma di aver trovato solo un impiegato in una stanza semivuota dove giaceva una pila di petizioni non firmate. Anche il Comitato di dialogo nazionale, spacciato come uno strumento inclusivo per le modifiche costituzionali, era formato solo ed esclusivamente da sostenitori di al-Sisi o da vecchie figure del regime del deposto dittatore Hosni Mubarak.

Dal momento che l’autorità legislativa e le istituzioni statali non afferrano i pericoli di violare la Costituzione e di adattare articoli specifici per adattarsi solo al presidente, chiediamo agli egiziani di manifestare e respingere gli emendamenti”, ha scritto in un comunicato il Partito per le Riforme e lo Sviluppo guidato da Mohammed el-Sadat, nipote dell’ex presidente Anwar el-Sadat che per protesta aveva deciso di non prendere parte alla corsa delle presidenziali lo scorso anno. “Il boicottaggio non è una soluzione perché non farà altro che restringere la base di voto e facilitare il passaggio degli emendamenti”, prosegue il comunicato. “Con questo voto si strapperà definitivamente agli egiziani qualsiasi speranza e obiettivo raggiunto durante la rivoluzione del 2011”.

Intanto, 34.000 domini sono stati bloccati per evitare la circolazione della petizione online contro la riforma costituzionale che ha raccolto 250mila firme – 60mila solo nel primo giorno in cui è stata lanciata – mentre 10 esponenti della coalizione creata dal Partito della Costituzione e dal Movimento Civile Democratico sono stati arrestati negli ultimi mesi. “Chiediamo a tutte le persone di mentalità libera di resistere a questi emendamenti e votare no a tutte le proposte che mirano a destabilizzare l’Egitto”, ha affermato Moataz El Fegiery, cofondatore e segretario generale del Forum dei diritti umani egiziano. “Gli attuali emendamenti costituzionali peggioreranno ulteriormente il tessuto della società egiziana che a causa delle repressione è già fragile e lacerata”.

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