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Parmalat, Cassazione respinge ricorso: gruppo dovrà versare 431 milioni a Citibank

Il caso era iniziato dopo il crac del 2003, quando il Commissario straordinario di Parmalat Enrico Bondi si era rivolto alla giustizia statunitense per chiedere un risarcimento di due miliardi di euro all'istituto di credito. L'accusa era di aver "agevolato il dissesto del gruppo mediante operazioni finanziarie illecite", ma Citibank aveva risposto ottenendo la condanna di Parmalat, per "gli stessi illeciti"
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Parmalat ha perso la causa contro la banca americana Citibank, che dovrà risarcire per un valore di 431 milioni di dollari. La Cassazione ha dato attuazione in Italia alla sentenza della Superior Court del New Jersey del 27 ottobre 2008, che stabiliva il risarcimento. I giudici, con verdetto di oggi, hanno respinto il ricorso di Parmalat contro la pronuncia della Corte di Appello di Bologna che, il 29 agosto 2014, aveva dichiarato “efficace” in Italia la sentenza made in Usa sul diritto della Citibank ad essere risarcita.

Il caso era iniziato dopo il crac del 2003, quando il Commissario straordinario di Parmalat Enrico Bondi si era rivolto alla giustizia statunitense per chiedere un risarcimento di due miliardi di euro all’istituto di credito. L’accusa era di aver “agevolato il dissesto del gruppo mediante operazioni finanziarie illecite”, ma Citibank aveva risposto ottenendo la condanna di Parmalat, per “gli stessi illeciti”.

Davanti agli ermellini è arrivata quindi, su richiesta del gruppo di Collecchio, l’ordinanza della Corte d’appello di Bologna. Ad avviso della Cassazione, che così ha respinto le tesi di Parmalat, è da escludere che solo il procedimento di accertamento dello stato passivo costituisca “l’unica modalità consentita per accertare eventuali ragioni di credito ammesse ad una procedura concorsuale” e che ci sia “un principio interno di ordine pubblico ostativo al riconoscimento della sentenza straniera che accerti siffatto credito”. Per gli ‘ermellini’, è escluso anche che “l’Unione europea sia portatrice di principi irrinunciabili che impongano a tutela della par condicio creditorum, necessariamente, l’accertamento dei crediti in sede concorsuale”. È la prima volta che la Cassazione affronta e risolve questo tema di “assoluta novità e rilevanza”.

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