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Terra dei fuochi, confiscati beni per 220 milioni agli imprenditori Pellini

Gli imprenditori di Acerra sono stati condannati il 18  maggio 2017 in via definitiva dalla Cassazione per disastro ambientale, per aver inquinato terreni tra Napoli e Caserta
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Dopo il sequestro è arrivata la confisca. È un tesoro di circa 220 milioni di euro quello che lo Stato toglie ai fratelli Pellini, imprenditori di Acerra condannati il 18  maggio 2017 in via definitiva dalla Cassazione per disastro ambientale, per aver inquinato terreni tra Napoli e Caserta. Lo scrive in un post su Facebook Alessandro Cannavacciuolo, uno degli ambientalisti costituitisi parte civile nel processo contro i tre fratelli Pellini, ai quali la Dda, a febbraio del 2017, aveva sequestrato i beni tra i quali 250 fabbricati, 68 terreni, 50 tra auto e mezzi industriali, 3 elicotteri e 49 conti correnti bancari.

Secondo l’accusa gli imprenditori hanno sversato rifiuti anche pericolosi in terreni agricoli e nei regi lagni. Un anno i familiari delle vittime della Terra dei fuochi protestarono per la scarcerazione dei fratelli Cuono, Giovanni e Salvatore  avvenuta dopo una richiesta dei legali in virtù di una sentenza della Consulta. Avendo beneficiato dell’indulto del 2006 la loro condanna era scesa da 7 a 4 anni e di conseguenza con diritto alla sospensione della pena per chiedere la misura alternativa al carcere dell’affidamento ai servizi sociali. I tre erano stati arrestati nel lontano 2006 nell’operazione Carosello, dalla quale prende origine il presente provvedimento, e condannati in secondo grado per disastro ambientale.

Una valanga di soldi, quelli confiscati, provento di attività illecite e gli illeciti sono proprio quelli realizzati nel settore dei rifiuti emersi dall’inchiesta del 2006. Si tratta della movimentazione di un milione di tonnellate di rifiuti speciali provenienti anche dalle aziende del centro-nord che, dopo la declassificazione, venivano smaltiti illecitamente. I rifiuti liquidi venivano scaricati nei canali, i rifiuti speciali solidi venivano tombati in terreni a destinazione agricola. Le indagini delle Fiamme gialle hanno appurato che il patrimonio dei Pellini erada qualificarsi come illegale perché provento della gestione abusiva dei rifiuti e che è sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati. I soldi ottenuti grazie alla gestione illegale sono stati usati per finanziare nuove attività imprenditoriali e investimenti con un vero e proprio effetto moltiplicatore.

Foto di archivio

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