“Per me quello di Cucchi era un arresto normale, come ne avvengono tanti”. È in questo modo che si è espresso il generale dei Carabinieri, Vittorio Tomasone, ascoltato come testimone al processo bis sulla morte di Stefano Cucchi deceduto il 22 ottobre del 2009 all’ospedale Sandro Pertini di Roma, sei giorni dopo essere stato arrestato per possesso di droga. Durante la sua deposizione l’allora comandante provinciale di Roma dei Carabinieri ha detto di non essersi mai interessato dell’aspetto medico-legale della morte del geometra 31enne.

Un fatto smentito però dal pm Giovanni Musarò che in aula  gli ha mostrato un atto a firma proprio del generale nel quale si anticipavano le conclusioni sull’autopsia, in particolare in merito a due fratture, che neanche la Procura di Roma ancora conosceva. “Come facevate ad avere già queste informazioni?” ha chiesto quindi il pm. Alla domanda di Musarò, Tomasone ha risposto chiamando in causa il suo sottoposto diretto, il colonnello Alessandro Casarsa. Quindi il pm gli ha chiesto se sapeva se l’allora comandante del gruppo Roma avesse avuto contatti diretti con il consulente tecnico. E qui Tomasone ha replicato dicendo “questo non lo so”. Il pm ha fatto emergere anche che il 23 novembre fu disposta l’autopsia del geometra, il successivo 6 dicembre il medico incaricato auspicava la nomina di altri specialisti, “ma il primo novembre il generale Tomasone, in un atto indirizzato al Comando generale, scrive dei risultati ‘parziali’ dell’autopsia che ancora non era stata fatta”. Ma il generale ha risposto: “Sul modo con il quale è stata assunta l’informazione non ricordo. Non ho memoria”.

Casarsa da parte sua ha detto ai pm nell’interrogatorio del 28 gennaio scorso: “Non sapevo che fossero state redatte due versioni delle stesse annotazioni sullo stato di salute di Cucchi. Il tenente colonnello Cavallo si rapportava direttamente a me ed eseguiva le mie disposizioni, ma sicuramente non ebbe da me la disposizione di modificare le annotazioni”. In quel documento Casarsa afferma, inoltre, che i risultati parziali dell’autopsia “sembrerebbero non attribuire le cause del decesso a traumi, non essendo state rilevate emorragie interne né segni macroscopici di percosse”. Sul punto, rispondendo alle domande del procuratore Giuseppe Pignatone e del sostituto Giovanni Musarò, Casarsa afferma di non essere in grado di dire da chi ebbe “le informazioni che sono riportate nella nota che mi esibite e che attengono ai preliminari accertamenti di natura medico-legale eseguiti sul cadavere di Stefano Cucchi. Prendo atto che Cavallo ha dichiarato che questa nota l’aveva scritta lui su mia dettatura, io escludo tale circostanza”.

Il generale ha poi ricostruito cosa fece dopo avere ricevuto, da alcuni giornalisti, la notizia che l’arresto del giovane geometra romano era stato compiuto dai Carabinieri: “Chiesi se era vero che era stato arrestato dai Carabinieri e mi fu detto che era stato arrestato una settimana prima. Quindi chiesi altre informazioni e mi dissero che, a parte l’attivazione del 118, non c’erano stati problemi, che c’era stata un’udienza di convalida dell’arresto e la consegna alla Polizia penitenziaria. Chiesi al comandante del gruppo e agli altri comandanti di preparare una relazione da parte di tutti quelli che avevano avuto un contatto fisico con Cucchi, dall’arresto alla consegna alla Polizia penitenziaria. Quindi, uno degli ultimi giorni di ottobre, chiamai la signora Cucchi per esprimerle la mia vicinanza personale sulla scorta di quello che mi era stato riferito e degli accertamenti possibili fatti”.

Tomasone ha poi ricostruito i fatti avvenuti dopo la morte di Cucchi, quando a fine ottobre convocò una riunione per fare il punto sulla vicenda. “A tutti coloro che erano stati presenti avevo chiesto di venire da me al Comando provinciale e, oltre a portare la relazione, di dire quello che avevano fatto. Al termine di questi ulteriori accertamenti, mi convinsi che non vi potevano essere responsabilità- ha continuato il generale – Un carabiniere mi disse ‘io lo avevo in custodia, lamentava dei dolori e ho chiamato il 118’, ricordo di avere espresso parole di apprezzamento e dopo che uno dei militari mi disse che aveva attivato la centrale operativa, affinché potesse inviare una pattuglia presso la stazione dove di notte Cucchi era in camera sicurezza, perché lo aiutasse nell’operazione di metterlo sull’ambulanza, feci subito prendere dalla centrale operativa il nastro di quella telefonata di alcuni giorni prima e nell’ascoltarla non notai, nella conversazione tra il carabiniere di servizio la notte e l’operatore della centrale, assolutamente nulla. Tutto questo portava ad escludere qualsiasi coinvolgimento” dei carabinieri, ha ribadito Tomasone ricordando di aver ammonito i presenti alla riunione: “Se c’è qualche altra cosa, ditelo adesso perché questi atti andranno in Procura”.

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