Il pm di Milano Gaetano Ruta, titolare dell’indagine su conti del Sole 24 ore, ha chiesto il rinvio a giudizio di Roberto Napoletano, ex direttore editoriale del quotidiano e ritenuto amministratore di fatto del gruppo, di Donatella Treu e Benito Benedini, rispettivamente ex amministratore delegato ed ex presidente, e della stessa società di via Monterosa. Società che risponde in relazione ai reati contestati ai tre indagati, che sono false comunicazioni sociali e aggiotaggio informativo e che riguardano un arco di tempo che va dal 2014 al 2016. Archiviata, invece, la posizione di altri sette indagati che erano accusati di appropriazione indebita e nei cui confronti il gruppo, dopo essere stato risarcito, ha ritirato la querela.

È questo l’ultimo capitolo, che porta verso il processo gli imputati, dell’inchiesta che nel marzo 2017 scosse il quotidiano economico. Il penultimo era stato il versamento, a titolo di risarcimento da quasi 3 milioni dalla Di Source Limited, la società Uk incaricata di gestire gli abbonamenti digitali all’estero fra il 2013 e il 2016 durante la gestione dell’ex presidente Benedini e dell’allora ad Treu.

La procura di Milano, con gli accertamenti della Guardia di Finanza, aveva scoperto che molte copie digitali dichiarate erano farlocche, che quelle di carta finivano al macero e di conseguenza i ricavi erano gonfiati. Per la procura si trattava in realtà di account fantasma, attivati solo per abbellire i disastrati conti della casa editrice e gonfiare i bilanci. Ma non solo: venivano mascherate le perdite del quotidiano aggregando ricavi di altri settori. Ed è così che le percentuali di crescita – anche comparati con i risultati di altre testate – erano di fatto “del tutto slegati dalla realtà economica”. Le notizie false sui risultati avrebbero anche alterato il prezzo del titolo del gruppo quotato in Borsa. Per questo che la procura, con la chiusura delle indagini, contestando l’aggiotaggio informativo, aveva inserito nel capo di imputazione i comunicati del 18 marzo 2014 con le indicazioni sulla diffusione delle copie digitali del quotidiano, del 19 marzo 2015 sui ricavi consolidati del gruppo, e il comunicato del 16 marzo 2016 sui ricavi dell’intero 2015 della società. In quei comunicati si diceva che il giornale si confermava primo quotidiano digitale. Anche la società, in base alla legge 231 sulla responsabilità amministrativa degli enti, è stata iscritta nel registro degli indagati.

Appropriazione indebita archiviata per nuova norma
L’inchiesta era stata aperta per false comunicazioni sociali e appropriazione indebita. Ma quest’ultimo reato si è estinto perché come prevede la nuova norma sull’appropriazione indebita la parte offesa deve presentare querela e dopo il risarcimento il gruppo editoriale, che fa riferimento a Confindustria, l’ha ritirata. Quindi il filone, in cui era  coinvolti l’ex direttore dell’area digitale, Stefano Quintarelli (già ex deputato di Scelta Civica) suo fratello Giovanni Quintarelli, il commercialista Stefano Poretti, Massimo Arioli (ex direttore finanziario del gruppo), Alberto Biella (ex direttore dell’area vendite) e Filippo Beltramini (direttore della società inglese Fleet Street News Ltd), è destinato all’archiviazione.

I pm: “Sovrastimati i risultati di gestione”
A Benedini, Treu e Napoletano i pm contestano, come si leggeva nella chiusura indagini, di aver esposto nella “relazione finaziaria semestrale al 30 giugno 2015, nel resoconto intermedio di gestione al 30 settembre 2015 e nel bilancio al 31 dicembre 2015, fatti materiali non rispondenti al vero – come si leggeva nel capo di imputazione – sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società”, sull’andamento economico, sulla vendita delle copie digitali e cartacee e sui ricavi “ciò realizzando con una rappresentazione tesa sempre a sovrastimare i risultati di gestione del più significativo asset della società – il quotidiano Il Sole 24 Ore – in particolare i ricavi generati dalla vendita delle copie e la penetrazione nel mercato, anche mimetizzando le perdite maturate attraverso la aggregazione di idfferenti aree di business”.  Bugie al fine ” di assicurare a se stessi e a terzi un ingiusto profitto”.

Le false comunicazioni sociali e gli spostamenti delle perdite
Per quanto riguarda le false comunicazioni sociali secondo il pubblico ministero gli indagati aggregavano all’interno del settore denominato Editrice le aree Publishing&Digital (al cui interno era incluso il quotidiano Il Sole 24 Ore, versione cartacea e digitale, i prodotti collaterali e periodici allegati, i nuovi prodotti digitali, il sito del quotidiano e i contenuti online a pagamento), Tax&legal, Radio, Agenzia e Pa. Un’aggregazione che di fatto impediva di comprendere i risultati di ciascuno settore e “in tal modo impedendo di valutare la natura e gli effetti sul bilancio della società dei risultati di ciascun settore e del contesto economico nel quale ciascun settore operava”. Ed è così che i risultavi positivi di alcuni settori finivano “per compensare l’andamento negativo del settore operativo Publishing&Digital costituito per la gran parte dal quotidiano Il Sole 24 Ore”. Le perdite del quotidiano venivano di fatto mascherate nei bilanci. 

Trasferiti i ricavi di altri settori al quotidiano
Ma come avveniva questa alterazione dei risultati con la diffusione del quotidiano? Secondo la procura a partire dall’esercizio del 2013 venivano trasferiti al quotidiano digitale i ricavi delle banche dati grazie all’offerta del quotidiano digitale in abbinamento agli abbonati di altri prodotti editoriali del gruppo… senza alcuna maggiorazione del prezzo e senza alcun accordo contrattuale con il cliente al quale veniva lasciato inalterato il valore della fattura. Ma le fatture sarebbero state regolrizzate solo a partire dal 2015 attraverso lo scorporo del prezzo del quotidiano. Ed è così che venivano indicati ricavi dalla diffusione quelli che in realtà erano soldi guadagnati con la vendita di prodotti dati in abbinamento. Informazioni false ad azionisti e mercato sull’attribuzione delle voci di ricavo. Ed è così che nel corso dell’esercizio 2015, “la vendita simulata di abbonamenti al quotidiano digitale a favore di grandi clienti, cui venivano concessi sconti e omaggi sulle spese pubblicitarie quale contropartita alla sottoscrizione dei suddetti abbonamenti che finivano per essere privi di un effettivo corrispettivo”.

Secondo la procura venivano fatti passare per fruttuosi i rapporti contrattuali con DiSource, Johnson, Edifreepress che invece facevano registrare segno negativo. Questo perché per ogni copia venduta  veniva retrocesso all’intermediario un importo superiore a quello fatturato. Ma non solo anche le vendite erano “fittizie”: le copie cartacee distribuite da Johnson e Edifreepress finivano al macero. Un rapporto quello tra Il Sole e questa società sempre in perdita. Gli inquirenti hanno scoperto anche che a partire dal 2013 non era stata contabilizzata la cessione, con modalità sale and lease back, della Rotativa a favore di Mps L&F. L’accordo prevedeva l’impegno da parte del quotidiano di subentrare in un contratto di leasing. Valore dell’operazione 8 milioni 134 mila euro. Lo scorso novembre l’ex direttore Napoletano chiede 750mila euro di danni ai giornalisti per un comunicato sindacale, mentre nel maggio scorso Napoletano ha costituito un trust in cui ha allocato i suoi immobili.

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