Erano arrivati anche all’“Imperatore”, Augusto Rollandin, a lungo presidente della Valle d’Aosta. Antonio Raso e Marco Fabrizio Di Donato, arrestati dai carabinieri perché ritenuti boss della locale di ‘ndrangheta di Aosta, erano arrivati anche al politico (non indagato). È soltanto uno dei tanti episodi che dimostrano la capacità di infiltrarsi nella politica e nelle amministrazioni dimostrata da questa organizzazione mafiosa. D’altronde sapevano di contare: “Allora ti dico quanti calabresi ci sono in Valle d’Aosta: siamo un quarto della popolazione, siamo 32mila”, spiegava Raso a un interlocutore. E così, indirizzando voti con promesse di lavori, fanno eleggere un affiliato, Nicola Prettico, nel consiglio comunale di Aosta, che era andato fino a San Luca per partecipare a una riunione della ‘ndrangheta.

C’è Monica Carcea, arrestata per concorso esterno in associazione mafiosa, diventata assessore alle finanze del Comune di Saint Pierre dopo le elezioni amministrative del 10 maggio 2015. “Per sdebitarsi – riassume il gip di Torino Silvia Salvadori – con Raso e Di Donato si attiva al fine di far prorogare l’affidamento diretto del servizio di trasporto scolastico mediante taxi-bus alla ditta ‘Passengers transports’ di Salvatore Addario, cugino di Raso” e presidente della Conferenza nazionale artigiani (Cna) aostana. Lei, invece, “si rivolge a loro affinché facciano ‘pressione’ nei confronti di altri assessori del medesimo Comune che le stanno creando difficoltà”. Per questo contattano il governatore Rollandin (da loro chiamato “testone”) e ottengono un incontro. In quell’occasione Di Donato avrebbe ricordato il successo della donna (“minchia come è passata”) e “con tale risultato ha potuto richiedere l’appoggio di Rollandin per un incarico rilevante da affidare alla donna nell’amministrazione comunale di Saint Pierre”, riassume il gip. L’episodio dimostra come Di Donato “sia in grado di intrattenere rapporti con i massimi organi istituzionali della Regione autonoma della Valle d’Aosta”.

Arrestato con l’accusa di concorso esterno è Marco Sorbara, assessore comunale di Aosta alle politiche sociali e dal 2018 consigliere regionale per l’Union valdotaine: “Stranamente si parla di noi calabresi che siamo ‘ndranghetisti e non c’è un calabrese indagato. Di là di politici non ce n’è uno calabrese indagato”, diceva il 20 marzo 2015 alla “Rotonda”, il ristorante del boss Raso, commentando le inchieste e i processi sugli amministratori locali. Ha dovuto ricredersi.

Il caso di Prettico è interessante: presunto ‘ndranghetista, massone e consigliere comunale per l’Union valdotaine (che ha sospeso lui e Sorbara dopo il loro arresto). Per farlo eleggere si era impegnato anche il vice parroco di San Giorgio Morgeto, paese da cui provengono molti dei calabresi immigrati in Valle d’Aosta. Il suo nome è don Antonello Sorrentino: “È consapevole della propria influenza e non si tira indietro, anzi parla di paesani che adesso sono in Valle d’Aosta che daranno il voto a Prettico Nicola”, è scritto nell’ordinanza. In cambio alla parrocchia sarebbe dovuto andare l’incasso di una serata elettorale organizzata in una discoteca, ma l’evento salta. Prettico, una volta eletto, non è riconoscente e il prete si lamenta: “Quanto è pagliaccio quel Nicola – dice a un interlocutore -. Noi di qua il dovere che dovevamo fare lo abbiamo fatto… ma lui si è comportato male”.

Alla fine, però, tutto ruotava intorno a Raso e al suo ristorante, “La Rotonda”, dove avvenivano molti incontri. “È indubbio – annota il gip – come Raso Antonio svolga un ruolo centrale nella tessitura delle relazioni tra il sodalizio e gli esponenti politici ed amministrativi che rivestono ruoli di rilievo a livello comunale e regionale”. Aveva provato a raggiungere anche il segretario regionale del Pd Fulvio Centoz, candidato sindaco ad Aosta. È la sera del 22 gennaio 2015 e a “La Rotonda” Raso fa un discorso all’esponente dem: “Premetto io ho votato a tutti e io ho promesso il mio voto a tutti. Se io ti dico che ti do una mano piuttosto mi taglio le mani, ma io la mano te la do. Io ho promesso i miei voti, i voti c’erano”. Perché bisogna sapere seminare e “seminare non vuol dire che deve dare soldi a questo e a quello”, ma lavori. E poi arriva al dunque: “Ma tu come te la senti?”. L’allora candidato e attuale sindaco temporeggia e si smarca: “Non lo so. Adesso vediamo. Io non mi espongo”. “I presenti ridono”, annotano i carabinieri. “Non sono certo sull’episodio che mi vede protagonista – ha dichiarato il sindaco all’Agi mercoledì -, ma nell’incertezza ho sempre rifiutato”.

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