I robot stanno entrando nelle nostre vite. Ci aspettiamo che svolgano lavori di logistica o consegne a domicilio. Direste mai che un robot possa avere un lato umano e sensibile? Ebbene, è quello che sta valutando un esperimento francese di cui si è occupato il quotidiano The New York Times. Zora è un piccolo robot, che a prima vista può sembrare un giocattolo tecnologico come se ne trovano molti nei negozi per bambini. In realtà Zora è in test come assistente ai pazienti anziani.

Sviluppato da un’azienda belga, questo robot ha la peculiarità di proporsi come compagnia amichevole e particolarmente paziente, ma anche come guida per una serie di esercizi terapeutici interattivi. Può essere impiegato anche negli ospedali pediatrici; nel caso del reportage del quotidiano statunitense è stato introdotto in una casa di cura per anziani che si trova a un’ora da Parigi.

Crediti: New York Times

 

Ha tenuto compagnia ai pazienti affetti da demenza senile e altre condizioni che richiedono cure ventiquattr’ore su ventiquattro, quindi il ricovero stabile. Come spesso capita, queste persone si sentivano sole, in un ambiente che non è casa loro, con il personale medico indaffarato e i parenti presenti solo in orari visite, in alcuni giorni.

Zora ha iniziato a interagire con loro, chiacchierando grazie a un’infermiera che controllava a distanza l’attività e suggeriva le risposte, all’insaputa del paziente. Ha offerto compagnia, comprensione, proposto piccole attività. Il risultato è che i pazienti hanno “umanizzato” questa presenza, e hanno sviluppato un attaccamento emotivo con il robot. Hanno iniziato a trattarlo come un bambino, ad accarezzarlo, a cullarlo e dargli baci sulla testa. Alcuni pazienti sono diventati gelosi di quelli che trascorrono più tempo con Zora. Molti hanno raccontato al robot dettagli sulla loro salute che non avrebbero condiviso con i medici.

Tommy Deblieck ZoraBots ha spiegato che la sua missione è “aiutare a combattere la solitudine”, che affligge soprattutto gli anziani. Che sia un robot a farlo, fa discutere. Come sottolinea una delle infermiere della struttura francese, “nulla potrà mai sostituire il tocco umano, il calore umano di cui i nostri pazienti hanno bisogno”. Una collega minimizza la relazione che i pazienti hanno stabilito con il robot, liquidandolo come “strumento superfluo che tiene occupati i pazienti”. Il punto però è proprio questo: tenere occupate le persone ricoverate, aiutandole a passare il tempo e a non sentirsi sole.

Il problema è che spesso il personale non ha tempo per questo impegno, e i parenti non sono onnipresenti. Se da una parte delegare ai robot maggiore responsabilità nell’assistere gli anziani è una prospettiva distopica, dall’altra secondo molti è inevitabile. La popolazione degli anziani è in aumento, e le cifre presagiscono che non ci saranno abbastanza persone per i lavori di assistenza sanitaria necessari. Da qui la necessità di sfruttare la tecnologia per contribuire a colmare il vuoto. L’azienda produttrice di Zora dichiara di avere già venduto oltre 1.000 robot a strutture sanitarie in tutto il mondo. Zora può costare fino a 18.000 dollari, una cifra che forse potrebbe essere spesa per pagare personale umano con la stessa funzione. La tecnologia è una risorsa inestimabile, ma siamo sicuri di volergli delegare la gestione degli affetti?

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