Non ci sono solo le plafoniere da  637 euro ciascuna a turbare il sonno dei pugliesi, ma anche una lunga lista di spese pazze che riguardano la nuova sede della Regione. La settimana scorsa il programma Non è l’arena di La7 ha alzato il polverone sulla vicenda, anche se – a onor del vero – più volte la stampa locale ci aveva provato. A rincarare la dose ci ha pensato poi il Movimento Cinque Stelle che oltre alle plafoniere (ne servono 1.600 per un costo totale di 1.019.200 euro), ha messo nero su bianco altre spese: 228mila euro per un gruppo elettrogeno, 290mila per 19,6 chilometri di cavi. Per non parlare delle postazioni di lavoro: i dipendenti del Consiglio regionale sono 300, ma le postazioni di lavoro saranno 1.102. La vicenda ha quindi preso una piega diversa e – dopo gli esposti presentati dal M5s, a cui se n’è poi aggiunto un altro del Codacons – è arrivata in Procura. Al momento non ci sono indagati né ipotesi di reato. Il fascicolo è stato aperto dalla pm Savina Toscani, che ha chiesto alla Guardia di finanza di acquisire, nei competenti uffici regionali, la documentazione relativa al cantiere.

Nel frattempo il governatore Emiliano ha promesso – ai microfoni di La7 e sulla sua pagina Facebook – che farà chiarezza sulla vicenda. “Se qualcuno ha commesso un errore, dovrà avere molta più paura di me che di lei” risponde a un giornalista. Quindi, ha istituito un collegio di vigilanza composto – oltre che da se stesso – dall’assessore Gianni Giannini, dal capo di gabinetto Claudio Stefanazzi, dal commissario di Asset Elio Sannicandro, dal direttore del dipartimento Barbara Valenzano e dal capo dell’avvocatura Rossana Lanza. Una sorta di task force che avrà il compito di verificare la corrispondenza alle leggi e alle regole di economicità della condotta del direttore dei lavori e del responsabile unico del procedimento che, in via esclusiva, avevano il compito di verificare la congruità dei costi delle plafoniere incriminate. Emiliano infine ha dato ordine di sospendere la fornitura “se ancora in itinere e, comunque, ogni pagamento nei confronti della ditta che ha acquistato le plafoniere sino a esito delle verifiche disposte”.

Il progetto per la realizzazione della nuova sede della Regione Puglia era ambizioso e prevedeva un asilo, un campo da calcio, uno da tennis, una sala fitness, grandi fontane. Oltre agli uffici del consiglio regionale oggi ospitati in un palazzo in via Capruzzi che costa di 1,5 milioni di euro all’anno. Il progetto risale al 2002, quando l’allora presidente della Regione Raffaele Fitto decise di dotare il consiglio regionale di una nuova sede. Viene avviata una gara di progettazione. Anni dopo si scoprirà che quella gara era truccata. La vicenda è andata avanti per anni tra modifiche, ripensamenti e cinque varianti. I costi nel frattempo sono saliti da 40 a 87 milioni. Nel 2010 la Regione, guidata da Nichi Vendola, ha avviato la successiva gara per la realizzazione dell’opera con prezzo fissato a 67 milioni: ha vinto un’impresa che ha presentato un ribasso del 41 per cento, facendo così scendere il costo della realizzazione dell’opera a circa 40 milioni di euro. I lavori però sin da subito sono andati molto a rilento e sono partite le varianti al progetto: eliminati i campi da calcio, da tennis, le palestre e le grandi fontane previste nel progetto originario, sono stati inseriti nuovi parcheggi.

Il compenso dei progettisti è aumentato, con le varianti, da 3 a 11,2 milioni di euro. Ed è proprio sulla quinta variante che si sono concentrati i 5 Stelle. “Abbiamo presentato a luglio scorso esposti a Procura, Anac e Corte dei conti sulle spese extra” ha raccontato a ilfattoquotidiano.it il consigliere regionale pentastellato Antonella Laricchia. “Ora siamo contenti di sapere che la Procura ha deciso di aprire un fascicolo. Questo progetto è nato malato – ha proseguito – ed è davvero scandaloso che Emiliano abbia deciso di occuparsi della vicenda solo dopo il clamore del programma di Giletti“. Insomma, questa è una storia che dura da 16 anni: un cantiere senza fine che taglia a metà la città. E la sensazione – conti alla mano – è che la vicenda delle plafoniere sia solo la punta dell’iceberg sotto la quale si nascondono sprechi e fiumi di soldi pubblici mal (o mai) gestiti.

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