Il giudice ordina di riconoscere due papà e la maggioranza di centrosinistra che governa Milano si spacca. “Da cattolico impegnato in politica mi dissocio radicalmente dalla posizione del mio sindaco, perché le persone in privato possono fare ciò che vogliono ma non possono comprare bambini, affittare uteri e dichiararsi madri e padri di figli non loro”. A dichiararlo è Enrico Marcora, esponente della lista civica Noi Milano che sostiene il sindaco Beppe Sala. A scatenare le polemiche a Palazzo Marino è stata una recente sentenza del Tribunale di Milano che ha imposto agli ufficiali di Stato civile di trascrivere l’atto di nascita di una bimba nata negli Stati Uniti con la pratica della Gpa (Gestazione per altri) e figlia di una coppia gay. Entrambi i papà, hanno chiarito i giudici, devono essere riconosciuti come tali. Ma alcuni esponenti della maggioranza di centrosinistra, oltre alle opposizioni, si sono detti contrari. Sul caso è intervenuto anche Gianni Tofanelli, uno dei due padri protagonisti della sentenza, che attraverso ilfattoquotidiano.it chiede al sindaco Sala di “rispettare la legge e di non aspettare oltre. Va tutelato l’interesse dei bambini”.

La proposta di una Commissione consiliare
Nel suo intervento a Palazzo Marino, Marcora ha aggiunto che “questa sentenza porta a una deriva inaccettabile, perché si legittima la pratica dell’utero in affitto che in Italia è illegale”. A pensarla così, oltre alle opposizioni, sono anche i suoi colleghi di lista Elisabetta Strada e Marco Fumagalli e la consigliera del Partito democratico Roberta Osculati, secondo cui “la genitorialità non può essere considerata un fatto commerciale e in Italia la maternità surrogata è vietata”. Da qui la richiesta di discuterne in Consiglio comunale o in un’apposita Commissione consiliare e non in Giunta, come aveva dichiarato lo stesso sindaco Sala nel commentare la sentenza emessa dal Tribunale. A rimarcare le divergenze all’interno del centrosinistra milanese è l’esponente di Milano Progressista, Anita Pirovano: a farne le spese in questo dibattito “non sono il sindaco o la coesione della maggioranza, ma le persone in carne ed ossa che aspettano da troppo tempo di vedere riconosciuti i propri diritti e le proprie famiglie“.

L’appello di un papà: “Non è politica, applicare la legge”
Ed è proprio ai diritti delle famiglie che pensa Matteo Uslenghi, avvocato milanese e papà, insieme al suo compagno, di due bambine nate negli Stati Uniti. “In mezzo a tutte queste polemiche c’è un solo aspetto che va sottolineato: non è una questione politica. La sentenza del Tribunale impone al sindaco diapplicare la legge in quanto ufficiale di Stato civile, non in quanto organo politico”, ha dichiarato a Ilfattoquotidiano.it. “Dal momento che non è stata rilevata alcuna contrarietà all’ordine pubblico internazionale, il Comune non può opporsi”. Anche Uslenghi, infatti, ha chiesto la trascrizione dell’atto di nascita delle sue figlie. E, dopo la sentenza del Tribunale di Milano, ha scritto una lettera aperta al sindaco Sala affinché trascriva anche gli atti “di tutti gli altri bimbi in attesa, lo faccia subito. Non sbagli ancora restando fermo”. In gioco, aggiunge Uslenghi, ci sono i diritti dei minori. “Se non sei d’accordo su come queste bimbe siano nate in modo lecito all’estero, ciò non significa che possano essere prese in ostaggio dalla politica in attesa che vengano riconosciute le loro tutele”. È per questo che lui e il suo compagno stanno “percorrendo la via giudiziaria e facendo tutto quello che va fatto. L’interesse dei bambini deve venire prima di tutto”.

La reazione del sindaco
Su questo tema “deve essere la Giunta a dare un indirizzo politico, non si è mai visto che il Consiglio comunale discuta di questioni prima della Giunta, mi sembra un ribaltamento della situazione”, ha dichiarato Beppe Sala a margine del Consiglio comunale del 5 novembre. “Ne discuteremo presto, anche nei prossimi giorni, dobbiamo tener conto dei diritti di tutti anche se questi bambini sono molto pochi. Non so se sarà nella riunione di Giunta di questa settimana o della prossima ma bisognerà discuterne”. Il sindaco ha poi ricordato che l’amministrazione “ha deciso tempo addietro di trascrivere i bambini figli di due donne e sugli uomini si era tenuta un tempo di riflessione, chiedendo al governo di avere delucidazioni, che però non sono mai arrivate e a cui rinunciamo perché non ci aspettiamo granché adesso”. Risale al giugno scorso, infatti, la registrazione all’anagrafe di Milano di nove bambini come figli di quattro coppie di donne. Una “prima volta” per Palazzo Marino e un successo per il sindaco, il quale in quell’occasione aveva dichiarato di voler tutelare “i diritti di tutte le famiglie”.

Coordinamento Arcobaleno: “No alle influenze religiose”
Immediata la reazione del Coordinamento Arcobaleno, cui fanno riferimento le associazioni Lgbtqia* presenti sul territorio milanese: “L’Italia è uno Stato laico, e sarebbe doveroso che le decisioni fossero prese nel pubblico interesse, scevre da influenze religiose: l’asserzione del consigliere Marcora di agire in qualità di cattolico entra in palese contrasto con le sue stesse affermazioni, in quanto ‘le persone in privato possono fare ciò che vogliono’, ma non dovrebbero mischiare il privato con il pubblico”.

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Milano, bimba figlia di coppia gay. Parla uno dei padri: “Tribunale ci dà ragione. Imbarazzante non considerare diritti”

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