Abbiamo deciso di ripubblicare, con allegati i documenti di chiusura delle indagini, a un prezzo scontato, l’ebook del libro Di padre in figlio perché pensiamo che il caso Consip sia sempre di più anche il caso delle indagini su Consip. Il libro è uscito a maggio del 2017 e poi, nella seconda edizione, con un capitolo aggiunto per dar conto delle novità, a gennaio del 2018. Finalmente le indagini sono chiuse. Si può giudicare il comportamento dei protagonisti dell’inchiesta e dei pm che la conducono. Abbiamo deciso di allegare al libro la richiesta di archiviazione di Tiziano Renzi e l’avviso chiusura indagini contro Luca LottiFilippo Vannoni e i generali dei Carabinieri Del Sette e Saltalamacchia perché ciascuno leggendo il libro e i documenti integrali possa farsi un’idea dell’indagine, oltre che dei fatti accaduti allora.

Ci sono voluti 20 mesi ma alla fine la Procura di Roma è riuscita a chiudere l’inchiesta avviata dai pm Henry John Woodcock e Celeste Carrano a Napoli. Dai pm di Napoli erano stati raccolti elementi forti su Alfredo Romeo e anche su chi aveva brigato per bruciare l’inchiesta. Ci sono voluti 20 mesi per partorire il topolino: i pm napoletani avevano ragione sul sottosegretario alla presidenza del consiglio del Governo Renzi, Luca Lotti; sul comandante generale dei Carabinieri in carica allora, Tullio Del Sette; sul comandante della Toscana di allora, Emanuele Saltalamacchia. Tutti restano indagati per favoreggiamento e vanno verso una probabile richiesta di rinvio a giudizio.

Il racconto fatto dall’Amministratore di Consip in carica allora ai pm Woodcock e Carrano il 20 dicembre 2016 resta credibile anche per i pm di Roma: mentre i Carabinieri del Noe indagavano sulla gara più grande d’Europa indetta dalla Consip, la principale stazione appaltante italiana, il comandante generale e il comandante in Toscana dei Carabinieri tradivano i loro uomini spifferando a Marroni, che era intercettato l’esistenza delle indagini segrete, così bruciando il lavoro dei colleghi. Lo stesso faceva, secondo i pm romani, il numero due del Governo, Luca Lotti, e anche Filippo Vannoni, presidente della municipalizzata fiorentina Publiacqua e amico di Matteo Renzi. L’accusa, è bene ribadirlo, si basa essenzialmente ancora sulle dichiarazioni di Luigi Marroni. La Procura di Roma ci ha messo 20 mesi per cercare i riscontri. Venti mesi. Quella sera Marroni aveva raccontato anche altro: le pressioni ricevute da Tiziano Renzi perché incontrasse due volte Carlo Russo. Aveva detto di essersi sentito pressato e ricattato da Russo. Quella versione è stata poi addolcita nei suoi verbali successivi a Roma.

I pm di Roma hanno trovato molte smentite e poche conferme alle parole di Carlo Russo, l’amico di Tiziano Renzi, che incontrava Alfredo Romeo offrendo di aiutarlo tra l’altro negli appalti di Grandi Stazioni e Consip. Per descrivere Russo come un ‘truffatore’ che sosteneva di agire in nome e per conto di Tiziano Renzi in favore di Alfredo Romeo mentre non lo faceva, i pm di Roma hanno persino cambiato (nel testo della loro richiesta di archiviazione per Tiziano) il senso di un interrogatorio, quello di Silvio Gizzi. L’amministratore delegato di Grandi Stazioni dice a verbale che Russo si presentava come espressione delle società di Romeo e parlava con lui delle gare in cui era coinvolto l’imprenditore napoletano ma i pm di Roma scrivono nella richiesta di archiviazione che la frequentazione Gizzi-Russo non c’entrava con le vicende di Romeo. La sera del 20 dicembre Luigi Marroni, ai pm di Napoli, aveva descritto Russo come un soggetto accreditato con pervicacia da Tiziano che lui aveva ricevuto due volte, non proprio come un millantatore. Per accertare se Russo fosse un millantatore quando chiedeva 30mila euro al mese a Romeo per i servigi suoi e di Tiziano, i pm napoletani Woodcock e Carrano quella sera volevano perquisire Tiziano Renzi. I pm di Roma, che di lì a poco avrebbero ricevuto il fascicoloper competenza territoriale, si opposero. Salvo poi dimostrarsi molto meno garantisti con i telefonini di chi quella sera indagava.

Due pesi e due misure che hanno prodotto un risultato grottesco: i telefonini del Carabiniere che indagava allora, Gianpaolo Scafarto, sono stati sequestrati due volte per verificare i suoi presunti falsi e depistaggi. Quello di Tiziano Renzi mai. Nel tentativo vano di individuare la fonte delle notizie pubblicate sul Fatto a dicembre 2016 e nel libro Di padre in figlio a maggio 2017, anche il telefonino di chi scrive è stato prelevato dai pm di Napoli, dopo una riunione di coordinamento con quelli di Roma che accettarono una irrituale sovrapposizione di due procure sulla stessa fuga di notizie. Così i pm sanno tutto delle chat di Marco Lillo con i suoi colleghi o di Henry John Woodcock con la sua amica Federica Sciarelli, ma brancolano nel buio riguardo ai rapporti reali di Carlo Russo con Tiziano Renzi.

I pm di Roma pensano che il padre dell’ex premierabbia mentito sui suoi rapporti triangolari con Luigi Marroni e Carlo Russo. Pensano che ‘probabilmente’ abbia incontrato, con Carlo Russo, Alfredo Romeo a Firenze. E che quindi anche su questo abbia ‘probabilmente’ mentito a noi, al figlio e ai pm, negando di ricordare quell’incontro. Ma non hanno riscontri per capire perché abbia mentito. Anche i cellulari dei vertici dei Carabinieri non sono stati mai presi dai pm di Roma. Le timidezze investigative iniziali probabilmente non hanno aiutato a chiarire i reali rapporti di Tiziano con Russo. Il tempo concesso dalla procura di Roma ha giocato a favore di chi era al potere, non solo nel caso di Tiziano Renzi, padre dell’ex leader Pd ed ex premier. Tullio del Sette ha comandato per un altro anno, grazie al Governo Gentiloni e al presidente Mattarella, i Carabinieri. Compresi quelli del Noe che è accusato di avere tradito. Compresi quelli del Nucleo di Roma che indagano (teoricamente) sulla fuga di notizie per la quale Del Sette è sospettato. Saltalamacchia è stato mandato a comandare i Carabinieri del Ministero degli esteri. Luca Lotti è rimasto il ministro dello Sport. Il presidente di Publiacqua Filippo Vannoni è rimasto al suo posto ritrattando le accuse. Mentre Luigi Marroni che ha confermato, con qualche rettifica su Tiziano, è stato cacciato da Consip.

La Procura di Roma nel frattempo ha trovato il tempo di indagare su chi aveva trovato la pista giusta, rovistando nella spazzatura di Romeo e entrando in Consip per interrogare Marroni il 20 dicembre. Il pm Henry John Woodcock è stato accusato ingiustamente dai colleghi a cui aveva trasmesso il fascicolo di essere stato lui la fonte delle notizie pubblicate dal Fatto Quotidiano. Accusa archiviata con tante scuse e una figura barbina della Procura di Roma. Il carabiniere Gianpaolo Scafarto, dopo essere stato boicottato, secondo l’accusa, dai vertici dei Carabinieri (che spifferavano le sue indagini agli intercettati) è stato indagato dai pm di Roma per depistaggio e falso. Così Matteo Renzi ha potuto fare la vittima per mesi. Il Tribunale del riesame e la Cassazione hanno annullato l’ordinanza di interdizione dai pubblici servizi contro Scafarto. Per i giudici i falsi e il depistaggio di Scafarto non ci sono, erano solo errori. I pm di Roma non hanno sentito ragioni e infischiandosene della Cassazione vogliono processare Scafarto.

Per loro i suoi errori sono frutto di dolo. Anche i pm di Roma, in questa indagine, però fanno errori. Il senso attribuito al verbale del presidente di Grandi Stazioni, Silvio Gizzi, è per esempio- secondo il nostro parere – un errore. I pm di Roma riportano nel corpo della richiesta di archiviazione per Tiziano Renzi una loro idea del rapporto Gizzi-Russo (scollegato per i pm dalle vicende di Romeo) che è smentita dal testo del verbale di Gizzi, riportato però dai pm in una nota sottostante. Nessuno in questo caso giustamente pensa a un errore doloso dei tre pm romani che firmano l’atto: Giuseppe PignatoneMario Palazzi e Paolo Ielo. Nessuno pensa che abbiano scientemente svalutato il motivo reale degli incontri Russo-Gizzi (Russo interloquiva delle gare nell’interesse di Romeo) per favorire l’archiviazione di Tiziano Renzi per il traffico di influenze a favore di Romeo o per sfavorire Carlo Russocon l’accusa più grave di millantato credito. Leggendo la richiesta di archiviazione dei pm di Roma insieme alle  vecchie carte si può capire bene perché la lettura dei fatti data a Roma non è l’unica possibile. Una ragione in più per rileggere il libro e i nuovi documenti firmati dai pm di Romaallegati in questo nuovo e-book.

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