I servizi segreti hanno depistato le indagini sulla strage di Bologna per spostarle sulla pista di Terza Posizione. Parola di Roberto Fiore, leader di Forza Nuova, chiamato come testimone nel processo a carico di Gilberto Cavallini, imputato di concorso per la bomba del 2 agosto 1980. Prima di entrare in aula il testimone ai giornalisti ha detto di considerarsi parte lesa nel processo. Della mattanaza del 2 agosto 1980 dice “Noi possiamo fare un ragionamento su quella strage, capire chi fu anche per tante cose che sono accadute dopo. Non furono i fascisti, questo è un dato chiarissimo. C’è sicuramente – aggiunge – un coinvolgimento, quantomeno nel depistaggio, della P2 ma questa è una strage sostanzialmente internazionale e avremo modo di dire delle cose che non sono mai uscite nel processo, non perché non ci siano, ma perchè sono state occultate e non sono state tirate fuori”. Fiore ha spiegato di volere consegnare alla Corte di assise di Bologna “la risposta che mi ha dato la segreteria” del premier Conte, perché “io due settimane fa ho scritto che tutti i documenti legati alla strage di Bologna venissero finalmente aperti, palesati al pubblico e al tribunale. Conte, il suo ufficio, ha risposto che lo stanno facendo, che stanno desecretando e trascrivendo tutto ed è questione di tempo. Io vorrei che il presidente potesse fare una richiesta più precisa ed iniziare a chiedere i documenti che sono fondamentali per questo processo”.

“Si voleva colpire un movimento fatto di giovani – spiega Fiore – un gruppo avverso anche alla massoneria la quale controllava i nostri servizi segreti”. E sono proprio i legami tra i gruppi extraparlamentari di destra estrema e i servizi di sicurezza a tracciare una linea di demarcazione nell’anima dell’eversione nera. Da un lato, i giovani dello spontaneismo armato cioè i Nar e Terza Posizione. Dall’altro la vecchia destra capitanata da Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, sospettati di avere ben più di qualche rapporto con apparati deviati dello Stato. Questi ultimi gruppi eversivi, come ha spiegato in aula anche l’ex Tp Fabrizio Zani, sarebbero stati creati e supportati sin dai tempi di Junio Valerio Borghese proprio dai servizi segreti. Una sorta di “partito Bianco”, lo definisce Zani. “Per questo non volevamo in alcun modo avere rapporti con loro” – ribadisce lo stesso Fiore. Alcuni esponenti di Terza Posizione, però, passavano con gran disinvoltura da un gruppo all’altro. Come il ‘compagno’ di Fiore, Beppe Dimitri, il quale orbitava anche vicino ai Nar e ad Avanguardia Nazionale di Stefano Delle Chiaie (sospettato di essere infiltrato nella destra da apparati militari).

Secondo Zani, Fiore avrebbe saputo dei rapporti tra Dimitri e lo stesso Delle Chiaie. Il leader di Fn nega e chiarisce: “Stefano ha fatto un percorso diverso rispetto al mio, non ho mai voluto incontrarlo per questo”. Zani descrive Delle Chiaie in modo più schietto: “Con lui non ci parlo, è uno sbirro!”. Difatti anche Fiore ha specificato che sono state proprio queste presunte collusioni con poteri occulti ad aver creato una divisione nella destra italiana: “Noi di Tp abbiamo una storia antitetica rispetto agli altri gruppi. Non cercavamo contatto con i servizi”. L’avvocato di parte civile Brigida però fa notare che nella sentenza definitiva su Terza Posizione è riportato un incontro tra lo stesso Fiore e Amos Spiazzi, ex generale dell’esercito implicato nelle indagini sul Golpe Borghese.

“È stato un gravissimo errore del giudice” si è giustificato il leader di Fn. Secondo Spiazzi, Fiore e Walter Spedicato (che ha fornito al suo compare i documenti falsi per scappare in Francia) gli avrebbero fornito informazioni su Francesco Mangiameli, dirigente di Terza Posizione ucciso dai Nar dopo la strage di Bologna. Spiazzi ha poi spiegato nel 1997 che i cognomi con cui si erano presentati i due potevano essere “nomi di copertura”. Un cono di ombra lo getta però lo stesso Fiore. Secondo quanto ha riferito in aula, agenti della “Presidenza del consiglio” alias servizi segreti avrebbero tentato un contatto con lui quando era in procinto di essere estradato in Italia alla fine del 1981. Tramite l’avvocato e fratello Stefano, avrebbero proposto un do ut des all’ex leader di Terza Posizione: “scarcerazione in cambio di una collaborazione per gestire l’area di estrema destra”. Potevano quindi fare pressioni sui magistrati italiani in modo tale che ritirassero la richiesta di estradizione.

Fiore, a sua detta, rifiutò. Dopo cinque mesi i giudici inglese ritennero che le prove, presentate dai magistrati italiani, per collegare Tp alla strage di Bologna non erano idonee a supportare l’accusa e tutti furono scarcerati. Nemmeno per il rocambolesco espatrio di Fiore sono emersi elementi di vicinanza con i servizi. La perizia depositata dai pm però ha escluso che la carta d’identità potesse provenire da Massimo Sparti, il criminale a cui si sarebbero rivolti i Nar dopo il 2 agosto per ottenere un nuovo documento falso per la Mambro. La carta d’identità di Fiore proveniva da una partita rubata a San Giorgio, in provincia di Milano, il 1/09/1979. Non si sa chi rubò tutti quei documenti anche perché, come ha spiegato Fiore, “all’epoca non si facevano tante domande“.

“Tutte le volte che si tirano fuori piste internazionali per la strage di Bologna sono ‘patacche’, lo abbiamo già visto, basta pensare alla pista palestinese o al collegamento con Ustica” dichiara Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime del 2 agosto.
Secondo Bolognesi, sempre presente alle udienze del processo sulla strage del 2 agosto, “c’è una paura di quel mondo” da parte di alcuni, mentre altri “sono ancora collegati a quel mondo, questo viene fuori dai testi di oggi e di allora. Se hanno qualcosa da dire non ci pensano neanche, perché non si sa mai”.

Ha collaboratore Mattia Fossati

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