Nei prossimi 60 secondi, nel mondo sarà acquistato un milione di bottiglie e due milioni di sacchetti di plastica. E anche se la maggior parte di questi oggetti impiegherà più di 1.000 anni a degradarsi nell’ambiente, in parte si disperderanno molto prima in minuscoli frammenti, noti come microplastiche, ormai presenti negli oceani, nei pesci, nell’acqua di rubinetto e persino nel sale da cucina. Ora – riporta il New York Times – possiamo aggiungere un altro luogo alla lista dei posti dove queste sostanze si depositano: l’intestino umano.

A dimostrarlo è un piccolo studio pilota, attraverso cui i ricercatori hanno cercato microplastiche nei campioni di feci di otto persone provenienti da Finlandia, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Polonia, Russia, Regno Unito e Austria. Con loro sorpresa, ogni singolo campione è risultato positivo alla presenza di una varietà di microplastiche. “Questo è il primo studio nel suo genere”, afferma Philipp Schwabl, gastroenterologo della Medical University di Vienna e autore principale dello studio. E “i risultati sono stati sorprendenti”. Da questi primi dati non si possono prevedere le implicazioni sulla salute e per questo gli esperti sperano di completare uno studio più ampio.

Le microplastiche – categoria in cui rientrano i pezzi di plastica di lunghezza inferiore a 0,02 pollici, grosso modo le dimensioni di un chicco di riso – sono diventate una delle principali preoccupazioni per i ricercatori ambientali negli ultimi 10 anni. La maggior parte si forma come risultato non intenzionale della rottura di parti in plastica più grandi. Diversi studi hanno riscontrato livelli elevati di questi composti nel mare e l’anno scorso sono state rilevate microplastiche nell’83% dei campioni di acqua di rubinetto in tutto il mondo. Il più alto tasso di contaminazione apparteneva agli Stati Uniti, dove il 94% dei campioni è risultato positivo. 

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