Meritocrazia, fiducia nei giovani, possibilità di fare carriera all’interno dell’università senza dover sottostare a compromessi e soprattutto senza lunghi anni di gavetta a titolo gratuito o quasi. È quello che Claudio Formicola, 39 anni e una laurea in disegno industriale, ha trovato oltreoceano, in Messico, a migliaia di chilometri di distanza da dove era partito in Italia. “La carriera universitaria? In Italia era impossibile e in pratica non è mai cominciata – racconta -. In Messico invece nel giro di qualche anno sono diventato professore in una delle più prestigiose università, con la possibilità e le risorse per sviluppare progetti e svolgere al meglio il mio lavoro”.

Per Claudio, come per tanti altri colleghi, tutto comincia dopo la laurea magistrale. Originario di Marcianise, in provincia di Caserta, uscito dalla facoltà di Architettura dopo gli studi in Disegno industriale, comincia a insegnare come docente a contratto in alcuni atenei, tra cui la Seconda Università di Napoli (Università della Campania Luigi Vanvitelli), la Sapienza di Roma e la Federico II di Napoli. Quello che trova però non è ciò che si aspettava. “Ai docenti a contratto veniva riservato un trattamento economico ridicolo – spiega -. La mia prima docenza è stata pagata 500 euro compresi i contributi per un corso semestrale. Oltre alle lezioni che dovevo tenere, c’erano ovviamente i colloqui con gli studenti e le sessioni di esami. Un impegno smisurato rispetto allo stipendio offerto”. Ma le altre volte non va meglio. “Con la scusa che ero neolaureato, alcune proposte prevedevano contratti a titolo gratuito. All’inizio lavoravo come designer, quindi potevo permettermi di ‘investire’. Però non potevo continuare così.”

Con la scusa che ero neolaureato, alcune proposte prevedevano contratti a titolo gratuito

Ben presto Claudio lascia la docenza per cominciare un dottorato senza borsa di studio, ma anche qui gli ostacoli sono molti. “Prima di arrivarci, ho dovuto tentare tre volte. Mi dicevano che non c’era spazio, né possibilità di carriera. Una volta, alcuni giorni prima del concorso, mi era stato detto esplicitamente di non presentarmi perché evidentemente il posto era già assegnato”. I problemi però non mancano anche una volta ottenuto il dottorato: senza borsa di studio non c’è formalmente l’obbligo di presentarsi all’università, ma nella prassi chi poi non lo fa, viene emarginato. “Per loro se stavo a casa significava avere una persona in meno che lavora gratis e questo è sempre stato motivo di scontro con la direzione”. Così dopo tre anni Claudio abbandona anche il dottorato e con esso la carriera universitaria. “In Italia siamo un mondo al contrario, i vecchi baroni sono i ‘padroni’ delle università e decidono il bello e cattivo tempo. Uno di questi mi offrì ‘l’onore’ di lavorare gratis per lui, per fare carriera diceva. Al mio rifiuto mi disse che ero uno stupido, che stavo buttando una grande opportunità. Naturalmente quel giorno mi si sono chiuse le porte nell’università.”

Poi, nel 2010, arriva la svolta. In quel periodo Claudio collabora per un importante studio di Milano per il quale gestisce un progetto di interscambio con studenti del Tecnológico de Monterrey, una delle più prestigiose università del Messico, che venivano a fare un’esperienza sul Made in Italy. All’inizio il designer viene invitato per un tour di promozione a tenere alcune masterclass nei vari campus dell’università. Poi nel 2013 arriva la chiamata per il ruolo di International Distinguished Professor of Design. “Stanco della situazione qui in Italia, ho accettato al volo – continua -. La proposta iniziale era per un semestre, inutile dire che sono ancora qui. Lavoro in una delle più prestigiose università, ho strumenti, risorse e autonomia che in Italia potevo solo sognare. Qui sei visto come una risorsa, ti vengono affidati incarichi importanti, opportunità di crescere e guadagni che a casa non ho mai visto”. Ma non è solo il trattamento economico ad essere più vantaggioso rispetto all’Italia. “Qui si dà spazio ai giovani, fare carriera non è certo facile ma c’è meritocrazia. Sono arrivato a 33 anni e la direttrice del mio dipartimento ne aveva 28, in Italia nella maggior parte dei casi a 40 non sei ancora neanche professore”.

In questi anni Claudio ha fatto il docente, ora è diventato responsabile di programmi innovativi di studio tra Italia e Messico, e ogni anno in estate accompagna i suoi studenti messicani in Italia, facendoli collaborare con aziende nostrane del design. “Il legame con l’Italia rimane, per me è difficile staccarsi dal mio paese, ne soffro e mi fa rabbia. – conclude – Ritornare? Mi piacerebbe tanto, però alle condizioni attuali non penso avrei molte possibilità”.

Articolo Precedente

Ricercatrice a Copenaghen. “Quando hai 30 anni e sei costretto a fare l’expat, non puoi mettere radici”

next
Articolo Successivo

Italiani in fuga dal Sud al Nord: ritorna la valigia di cartone. Racconta la tua storia al Fatto Quotidiano

next