Gli unici a non litigare sono stati i Cinquestelle, che alla fine di luglio hanno scelto il loro candidato alla presidenza della Provincia autonoma di Trento, affidandosi alla votazione sulla piattaforma Rousseau. Quasi plebiscitario il tributo dei consensi (91 per cento) al consigliere uscente Filippo Degasperi, praticamente l’unico che in questi anni abbia contestato il Palazzo a suon di interrogazioni e denunce, alcune finite sui tavoli della Procura della Repubblica. Tutto attorno, invece, psicodrammi politici, agguati e coltellate alla schiena, promesse rimangiate nel giro di poche ore. Alla fine qualche matrimonio di convenienza, in vista del voto di ottobre. E’ così che il centrodestra a trazione leghista anche in riva all’Adige ha partorito la candidatura del sottosegretario Maurizio Fugatti, il quale per il momento sorvola sul possibile conflitto tra carica governativa e candidabilità. Il centrosinistra si affida all’ex senatore Giorgio Tonini, dopo essersi lasciato alle spalle un cumulo di macerie, soprattutto nei rapporti con sindaci e gruppi autonomisti. Se non è un harakiri, ci assomiglia molto, in una realtà dove il centrosinistra l’ha finora sempre fatta da padrone.

Non a caso la deputata Michaela Biancofiore, coordinatrice di Forza Italia, depositando il simbolo del partito, ha dichiarato: “A questo punto solo noi possiamo perdere, senza voler dare la vittoria per scontata, davvero il centrosinistra ha fatto di tutto per consegnarci la Provincia”. Non che siano stati abbracci e sorrisi neppure in casa del centrodestra. La Lega del Trentino, forte dei trionfi primaverili (27 per cento, primo partito), ha calato sul tavolo ancora ad aprile il nome di Fugatti. Ma prima dell’accordo con Forza Italia e Fratelli d’Italia ha dovuto attendere agosto, quando il segretario Mirko Bisesti ha annunciato: “Si chiude con un successo la fase che ha visto l’adesione delle forze civiche e autonomiste al nostro progetto di cambiamento per il Trentino… che prevarrà sulle ormai obsolete forze del centrosinistra”. Ma la rottura è stata sfiorata più volte.

Beh, di obsoleto ne hanno anche loro” si permette di chiosare il grillino Degasperi, guardando ai competitors che nel governo nazionale sono alleati. Fugatti, ad esempio, ha scardinato la volontà di liste civiche e territoriali di candidare il professore Geremia Gios, direttore del Dipartimento di Economia dell’Università di Trento. Poi ha rintuzzato le richieste degli alleati che puntavano su Mara Dalzocchio o sull’avvocato Claudia Eccher. E per tacitare i dubbiosi, il deputato e sottosegretario alla Salute nel governo Conte, si è fatto forte di un parere del direttore generale della Provincia, Paolo Nicoletti, in merito alle cause di ineleggibilità previste dalla legge elettorale provinciale. “Non mi dimetto da sottosegretario perché non è necessario”. Lo farà nel caso di vittoria, se perderà rimarrà a Roma. E così si è portato in coalizione anche buona parte delle liste civiche.

Nel centrodestra (o meglio con Forza italia) si candiderà anche Manuela Bottamedi, consigliere provinciale eletta con i Cinquestelle. Ma il meticciato politico è ancora più ricco, se si pensa che l’uscente Giacomo Bezzi ha alle spalle militanze nel Patt, Südtiroler Volkspartei (ma in controtendenza negò la fiducia al governo Prodi nel 2008), quindi in Forza Italia, salvo ora criticare aspramente la linea della Biancofiore. Su quel fronte i dissidi alla fine si sono però appianati, in nome della convenienza comune di battere il centrosinistra autonomista.

E su questa trincea le macerie sono ancora fumanti. Fino a pochi giorni fa se le sono sparate di santa ragione, anche se alla fine è stata partorita la candidatura dell’ex senatore del Pd Giorgio Tonini, sotto il nome di Alleanza Democratica, Popolare e Civica per l’Autonomia. Tonini, ultimo baluardo per cercare di fermare l’irresistibile avanzata leghista, un po’ ottimisticamente annuncia: “E’ finita l’era dei contrasti”. Ma ammette: “Al mosaico dell’alleanza manca un tassello prezioso, il Patt. Sarebbe importante riattivare il rapporto”. In realtà tutto è cominciato da lì, dal presidente uscente Rossi, il primo di un lungo elenco di candidati possibili, ma bruciati, da Franco Ianeselli (segretario Cgil, è stato lui a declinare l’invito: “Vedo una spirale autodistruttiva”), all’ex direttore de L’Adige Paolo Ghezzi (appoggiato da Mdp, Verdi, autoconvocati e parte del Pd), infine all’ex assessore provinciale Carlo Daldoss, con i cosiddetti Civici.

Il Pd, in una drammatica assemblea, aveva subito respinto la candidatura del presidente uscente Ugo Rossi, esponente del Patt, il Partito Autonomista Trentino Tirolese, anima autonomista, finora, del centrosinistra. Ne era seguita un’estenuante maratona di trattattive, con il Patt fuorigioco che ora commenta con un comunicato del segretario Franco Panizza, del vice Simone Marchiori e dello stesso Rossi: “Un teatrino inaccettabile della vecchia politica, sotterfugi, slealtà… Il Pd e Unione per il Trentino hanno demolito definitivamente l’esperienza del centrosinistra-autonomista”.

Daldoss è stato il punto di riferimento dei Civici, nel tentativo di arginare, con una grande coalizione, l’avanzata della Lega. Ma la trattativa con il Pd si è interrotta bruscamente. A sorpresa, alcuni giorni dopo, Daldoss si è presentato in casa del Pd (che stava scegliendo tra Ghezzi e Tonini) annunciando: “Prima viene il Trentino: e solo dopo noi e i simboli. Diamo una risposta nella maniera più unitaria possibile”. Una proposta di unire le forze, bene accolta dal centrosinistra (anche perchè Daldoss aveva fatto cadere i veti sui simboli della lista), ma non dai Civici. Infatti questi ultimi, con il sindaco di Rovereto, Francesco Valduga, e quello di Pergine, Roberto Oss Emer, hanno subito scaricato Daldoss e la sua “operazione estetica” di riavvicinarsi a Pd e Upt: “Non è questo il progetto civico territoriale che avevamo in mente”. E Oss Emer: “Siamo stati pugnalati alle spalle, sto ancora togliendomi il coltello dalla schiena”. Daldoss, scaricato dagli scaricati, ha annunciato il ritiro dalla politica: “La mia esperienza finisce qui”.

Il Pd ha così partorito la candidatura di Giorgio Tonini. Il centrodestra annuncia già trionfi. E i Cinquestelle, con il candidato Degasperi, commentano: “Siamo i primi a presentare un programma e i candidati, mentre finora gli altri si sono scannati sulle candidature e hanno pensato a seggiole e poltrone. Dov’è la buona politica?”.

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