È chiusa l’inchiesta che sta facendo mormorare magistrati, forze dell’ordine e dipendenti all’interno della procura di Torino, ma anche moltissimi penalisti del foro. Martedì pomeriggio dal palazzo di giustizia sono partiti gli avvisi di conclusione delle indagini nei confronti di sette persone accusate a vario titolo di corruzione e corruzione in atti giudiziari. L’inchiesta ruota attorno a Pierfranco Bertolino, un noto penalista, e Renato Dematteis, appuntato dei carabinieri che fino a pochi mesi fa era in forza nell’aliquota di polizia giudiziaria della procura. La vicenda, a lungo oggetto di chiacchiere e pettegolezzi nei corridoi della procura, assume ora un quadro più preciso in cui emergono scambi di favori e indagini gestite in barba ai codici di procedura e alle circolari organizzative.

Bertolino, difeso dalle colleghe Erika Gilardino e Donatella Mondini, e Dematteis, assistito da Stefano Castrale, sono stati iscritti nel registro degli indagati per corruzione per atti contrari al dovere d’ufficio perché per quasi due anni, dall’inizio del 2016 fino all’inizio del 2018, il militare, violando il “divieto di consigli circa la scelta del difensore”, ha suggerito a quattro persone offese che volevano denunciare reati “di nominare quale difensore di persona offesa l’avvocato Bertolino Pierfranco”. Non solo. Nell’avviso di chiusura indagini si legge anche che “in violazione dei criteri di assegnazione automatica dei procedimenti stabiliti nel programma organizzativo della procura della Repubblica di Torino e valendosi di relazioni d’ufficio procurava che i relativi procedimenti venissero assegnati nell’ambito del gruppo Criminalità organizzata della procura della Repubblica al magistrato con il quale collaborava invece che con il criterio automatico”. E in molti di questi casi il magistrato era uno: il sostituto procuratore Andrea Padalino, da alcuni mesi applicato alla procura di Alessandria per coprire le scoperture dell’organico. Il pm, che non risulta indagato, nei giorni scorso si è difeso sottolineando come l’appuntato “non è mai stato a me formalmente assegnato”, mentre l’avvocato abbia patrocinato soltanto in una piccola parte dei suoi processi, “quasi mille fascicoli l’anno”.

All’appuntato è contestata anche la violazione dei “doveri di imparzialità, lealtà e riservatezza” perché forniva a Bertolino informazioni riservate sulle indagini, informazioni che aveva perché se ne occupava lui in prima persona o altri suoi colleghi. In cambio l’avvocato aveva fornito gratuitamente un’assistenza “stragiudiziale” in una causa civile al tribunale di Asti, per la quale procurava anche un avvocato civilista, prometteva una raccomandazione per i figli del carabiniere al concorso di ammissione alla polizia di Stato e gli faceva ottenere dei trattamenti di favore da parte di un grosso concessionario di auto di Torino.

Il carabinieri Dematteis, inoltre, è sotto inchiesta anche per quattro episodi di corruzione in atti giudiziari perché, in cambio dell’occhio di riguardo sui casi denunciati, aveva ottenuto dalle persone offese la disponibilità di due Panda usate da un carrozziere – Angelo Marello, assistito da Antonio Rossomando – il pagamento di una cena per 18 persone, delle visite oculistiche gratuite per i figli e due interventi chirurgici agli occhi (sempre gratis) in una struttura privata da parte di un medico di una struttura pubblica – Raffaele Nuzzi, anche lui difeso da Rossomando – e un’altra raccomandazione per il figlio alla Banca d’Alba da parte di un imprenditore, Luigi Marchelli (assistito da Gianluca Visca).

C’è poi il caso di un procedimento che vede come persona offesa suo cognato, Marcello Paschetta, assistito da Michele Malerba, barista vittima dello stalking di un poliziotto. Il barista ha denunciato l’episodio in procura a Torino e Dematteis gli consigliava di rivolgersi all’amico avvocato e in cambio avrebbe ottenuto una parte del compenso. In questa vicenda, l’appuntato e un collega maresciallo devono difendersi anche per un episodio di falso in atto pubblico perché hanno scritto nel verbale di sommarie informazioni, rese dal cognato e dalla suocera, che Dematteis non era presente, quando in realtà sarebbe rimasto nella stanza insieme al collega e ai parenti .

L’inchiesta nasce da un’indagine della Direzione distrettuale antimafia su un traffico di droga. Da alcune intercettazioni era emerso che alcuni indagati avevano saputo della presenza di microspie sull’auto e nella casa di uno di loro, dispositivi subito rimossi. A rivelarglielo sarebbe stato, secondo la procura di Torino, l’avvocato Bertolino, che è indagato anche per favoreggiamento: “Aiutava P.B. e P.V. ad eludere le investigazioni dell’autorità fornendo loro informazioni acquisite presso la procura della repubblica di Torino”, è scritto nell’avviso. Aveva spiegato che il sequestro di 71 kg di hashish era collegato a un’inchiesta per la quale erano in corso intercettazioni, rivelando nome del magistrato e dell’ufficio dei carabinieri delegati all’inchiesta.

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