Da Mosca a Kaliningrad, il torneo russo visto dall’Italia che resta a casa. Tante storie nella storia: paradossi, tele-visioni, stranezze e cinismi assortiti. Perché chi non c’è ha sempre torto, ma può divertirsi lo stesso senza prendersi troppo sul serio.

Abbiamo atteso un po’. Si raccontava che Balalaika fosse un supplizio. Invece è qualcosa di peggio. Un contenitore sgasato di frizzi e lazzi che dei Mondiali 2018 non gliene frega un’emerita mazza. Giusto così, per carità. Ma rivedere quell’allure da sorpresone “oooohhh” modello 90 Special o Meteore, con simil sculture tratte dai quadri di Kandinsky che penzolano dal soffitto, una tribunona alla Indietro Tutta con sopra ogni scranno un rappresentante delle singole nazioni che giocano sui campi russi (il senegalese è vestito da senegalese tipo Eddie Murphy in Una poltrona per due, per intenderci), è una di quelle ideone a livello creativo che mostrano il disperato sforzo di autori e produzione Mediaset di rimanere aggrappati al treno alta velocità dei Mondialii russi.

E dire che visti i risultati eccelsi (share che oscilla tra il 25 e il 30% ad ogni match serale) c’erano a disposizione praterie. Invece no. Balalaika è una succursale nostalgica di gialappate (divertenti ma dai gollonzi sono passati più di vent’anni), di evidenti debiti ormonali rispetto al solito corpo di ballo invasato da lap dance, e soprattutto è un programma che coglie al volo la possibilità di uno scappellamento a destra (o a sinistra, basta che sia antani) nel ripetere tutto ciò che Italia1 può avere stipato in magazzino.

Non ci stupirebbe, ma vedrete che uno spirito di patata come Nicola Savino ci deve aver già pensato, assistere ad un’ospitata a Balalaika di Uan e Manuela Blanchard. Poi chiaro, Bonolis non verrebbe perché costa troppo, e perché porterebbe con sè Laurenti che si spazzola tutti i buffet Mediaset che nemmeno i villeggianti di Pappa e Ciccia. E poi nello studio di Balalaika c’è sempre troppa gente, troppi conduttori, troppi co-conduttori, troppi ospiti accatastati sugli scalini, troppi esperti, troppe fanciulle che vogliono mostrare il vestitino più sexy, la coscia più lunga, la dieta più ferrea.

In mezzo a tutto questo marasma che, badate bene, è ritmato dagli sketch comici del Mago Forest e Raul Cremona (due grandi professionisti che però davvero anche basta) e non dal traino del post match mondiale (e non viceversa come logica vorrebbe), ci si permette pure il lusso di appollaiare Diego Abatantuono con i suoi ventilatorini dietro alla scritta penosa del “nientologo”. Insomma, come gettare al vento occasioni, intuizioni, genialità. Sarebbe bastato un po’ di impegno in più, qualche giornatina in più di brainstorming e Savino come ingabbiato in qualche sotterraneo ad urlare “fatemi uscire” fino a metà luglio mentre un finto Savino si impossessava alla professor Kranz dello studio di Balalaika. Infine, ci permettiamo un suggerimento cordiale e formale alla bellissima Belen: inutile stare lì a far contare le matrioske dentro al contenitore imitando (ma pensa un po’ che novità) Raffaella Carrà e i suoi fagioli. Perché di matrioske ce n’è una sola: la nostra. E da ben ventiquattro angolazioni diverse.

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