“Non è dato vedere alcuna struttura, alcuna autonoma organizzazione, men che meno alcun autonomo interesse dell’ipotizzato sodalizio“. Sono queste le motivazioni, come si legge nelle circa 60 pagine depositate nei giorni scorsi, per cui il Tribunale ha ritenuto di assolvere dal reato di associazione per delinquere l’ex numero uno di Bpm Massimo Ponzellini, il suo allora braccio destro Antonio Cannalire, l’avvocato Onofrio Amoruso Battista, all’epoca dei fatti probiviro di Bpm, l’ex consigliere Giorgio Bianchini Scudellari e Alessandro Lamonica, legale rappresentante di Atlantis B-Plus, tra gli imputati nel processo sulla vicenda di Banca Popolare di Milano e dei presunti finanziamenti illeciti concessi a imprenditori.

Per i giudici milanesi della prima sezione penale, presidente Guido Salvini, Andrea Ghinetti e Chiara Nobili a latere, anche per via della prescrizione di una serie di episodi e della revoca della querela da parte dell’istituto di piazza Meda, è rimasto in piedi solo un capo di imputazione relativo alla presunta stecca di 700mila euro ricevuta dall’ex presidente dall’imprenditore Colella tra il 2010 e il 2011 per averlo favorito in alcune operazioni. Vicenda per cui Ponzellini è stato condannato a un anno e mezzo e l’imprenditore a nove mesi.

I giudici, che ricordano come il reato associativo contestato “è radicalmente diverso” da quello contestato ai tempi degli arresti (per Ponzellini furono disposti i domiciliari mentre altri finirono in cella) dopo che la Cassazione lo ha ha annullato per “carenza di gravi indizi”, hanno ravvisato che dal dibattimento non è emersa alcuna prova che ci fosse l’ipotizzata “struttura parallela” con una stabile e autonoma organizzazione e quanto alla corruzione tra privati in sostanza è paragonata a un’attività di “lobbiyng presso gli organi deliberativi di Bpm” svolta, talvolta da Ponzellini con o senza l’apporto di Cannalire e talvolta con o senza l’intervento di Bianchini Scudellari o Amoruso che grazie alle loro “entrature” in banca “rendevano più facile ottenere finanziamenti se venivano incaricati – e pagati con regolare fattura – di seguire la pratica sul filo del conflitto di interessi”. La Procura quasi certamente impugnerà la sentenza.

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