Avevano “comprato” alcune partite per permettere alla loro squadra di calcio di conquistare la promozione, gestivano di fatto i servizi all’interno del cimitero e avevano “indirizzato gli interessi del clan anche verso settori nuovi” e apparentemente leciti, come pescherie e uffici per l’attivazione di contratti per la fornitura di energia elettrica e gas. E spesso quando qualcuno subiva un furto si rivolgeva a loro per ritornare in possesso dei beni rubati. Il clan Coluccia, si legge nelle carte, si profilava alla stregua di un ‘organo giurisdizionale’ per dirimere controversie private. Per questo, su ordine del gip del Tribunale di Lecce, la squadra mobile salentina ha arrestato Pasquale Danilo Coluccia e posto ai domiciliari il padre Luciano. Sette le persone indagate.

L’indagine ha evidenziato come il clan, nonostante fosse stato colpito già in passato ai vertici da varie operazioni di contrasto alla criminalità organizzata, ha saputo mantenere nel corso degli anni il controllo dei traffici illeciti sul territorio di Galatina, nel Salento. Agli arrestati vengono contestati i reati di associazione di stampo mafioso, estorsione e reati connessi alla frode sportiva per avere alterato, offrendo anche somme di denaro, il risultato di alcune partite del campionato regionale pugliese di calcio, stagione 2015/2016, per favorire la promozione alla categoria superiore dell’A.S.D. Pro Italia Galatina, società di cui, all’epoca dei fatti, era presidente proprio Luciano Coluccia.

Noha uguale a Casal di Principe. È molto pericolosa 5mila abitanti e col 90% degli abitanti ad avere l’ergastolo e la nostra famiglia, i Coluccia, è il clan più potente“. Il paragone della piccola frazione di Galatina con la roccaforte dei casalesi avviene durante una conversazione tra Pasquale Danilo Coluccia e uno dei calciatori della squadra di calcio del Galatina gestita – secondo l’accusa – dal clan. Un dialogo intercettato dagli investigatori e dove il 38enne appare già pronto a prendere in mano le redini del clan di famiglia e ad alzare il tiro per vendicare l’affronto subito dal Comune di Gallipoli che aveva negato lo scorso settembre alla società di calcio Pro Italia Galatina l’utilizzo dello stadio comunale a causa del debito di oltre 30mila euro causato negli anni per mancati versamenti del canone di affitto.

Secondo i magistrati della Dda leccese, è provato il “riconoscimento della capacità criminale del clan ad imporsi sul territorio grazie alla forza d’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di sottomissione che ne deriva”. Gli arrestati confidavano, perché finora entrambi incensurati, nella possibilità di eludere ulteriori attività di contrasto da parte della magistratura e delle forze dell’ordine. Per questo hanno indirizzato gli interessi del clan anche verso settori del tutto nuovi e apparentemente leciti: l’aggiudicazione di appalti pubblici nel comprensorio di Galatina, il reimpiego di capitali, provento di traffici illeciti, attraverso l’avviamento di attività commerciali – alcune pescherie annesse a supermercati della provincia – e l’apertura di uffici per l’attivazione di contratti per la fornitura di energia elettrica e gas.

Tra le altre cose, secondo i magistrati dell’Antimafia leccese, la gestione dei servizi cimiteriali a Galatina, pur essendo operata da una ditta regolarmente vincitrice di appalto, veniva di fatto gestita da Luciano Coluccia. Gli interessi del clan si erano rivolti pure verso la società calcistica Pro Italia Galatina e l’indagine avrebbe evidenziato “costante e pressante richiesta di somme di denaro” a commercianti e imprenditori di Galatina e comuni limitrofi a titolo di sponsorizzazione per la squadra.

Dall’inchiesta è emerso anche che i creditori, anziché rivolgersi ad avvocati per riscuotere i propri crediti vantati nei confronti di commercianti e imprenditori locali, preferivano rivolgersi al clan confidando nella forza di intimidazione riconosciutagli. Secondo l’inchiesta, l’influenza del clan sulla comunità galatinese era tale che in occasione di furti subiti diverse vittime si sono rivolte agli arrestati per ritornare in possesso dei beni rubati. Un’altra circostanza illecita evidenziata dalle indagini della Squadra mobile ha riguardato l’interferenza su imprenditori e commercianti per ottenere, in favore dei propri protetti, l’assunzione o il licenziamento di lavoratori in aziende del comprensorio galatinese.

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