Una fossa comune che potrebbe contenere fino a 200 corpi è stata scoperta a Raqqa, l’ex ‘capitale’ dell’Isis nel nord della Siria. A riferirlo all’emittente Al Arabiya è stato un funzionario della città, Abdallah al-Eriane, che ha parlato di circa 50 corpi, tra civili ed estremisti, recuperati finora. La fossa era stata scavata sotto un campo di calcio, vicino all’ospedale in cui i combattenti del sedicente stato Islamico si erano trincerati prima di essere cacciati dalla città nell’ottobre del 2017. In quella battaglia, condotta dalle forze curdo-siriane con l’aiuto degli Stati Uniti, morirono almeno 3.200 persone in cinque mesi, tra cui non meno di 1.100 civili. Almeno 267 i bambini e 194 le donne decedute.

Intanto, dopo giorni di stallo e di reciproche accuse tra le potenze in campo nella guerra siriana, gli ispettori dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) hanno visitato sabato uno dei siti del presunto attacco chimico dello scorso 7 aprile a Douma, dove 100 persone sono morte e mille sono rimaste ferite. Gli esperti hanno raccolto dei campioni che verranno analizzati nel laboratorio dell’organizzazione a Rijswijk, in Olanda. L’Opac ha fatto sapere che “valuterà la situazione e futuri passi, compresa un’altra possibile visita a Douma”.

Il team dell’Opac era arrivato a Damasco il 14 aprile, ma gli esperti non erano ancora riusciti a entrare a Douma. Il 16 aprile la Gran Bretagna aveva denunciato il mancato ingresso degli ispettori nella città teatro del presunto attacco chimico, ma il Cremlino aveva respinto le accuse spiegando che il ritardo era dovuto “agli effetti dell’attacco condotto da Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna sulla capitale siriana e su Homs nella notte tra venerdì 13 e sabato 14 aprile. In precedenza il ministero degli Esteri russo Sergej Lavrov aveva dato notizia del trasferimento dello staff dell’Organizzazione a Douma “nella mattinata del 21 aprile”.

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