È appena uscito “Un anno in carcere”, il XIV Rapporto di Antigone sulle carceri. Lo trovate integralmente – con testi, elaborazioni, infografiche – sul sito dell’associazione.

Sono oramai vent’anni. È dal 1998 che Antigone è autorizzata dal Ministero della Giustizia a visitare le circa duecento carceri italiane. Sono oltre 70 le osservatrici e gli osservatori di Antigone autorizzati a entrare negli istituti di pena con prerogative paragonabili a quelle dei parlamentari. È questa una prova importante di trasparenza dell’amministrazione penitenziaria, che ringraziamo. Ci permette di entrare in carcere anche con le telecamere, per filmare quanto vediamo e mostrarlo fuori. Negli ultimi mesi abbiamo visitato 86 carceri, 36 nel nord, dalla Valle d’Aosta alla Romagna, 20 in centro Italia e 30 tra il sud e le isole.

Tra il 31 dicembre 2015 e oggi i detenuti sono cresciuti di 6.059 unità. Oggi il tasso di sovraffollamento – secondo la capienza ufficiale delle carceri, che tuttavia non tiene conto delle sezioni inutilizzabili –  è pari al 115,2%. Troppo spesso il carcere non aiuta la sicurezza dei cittadini. Dei 57.608 detenuti al 31 dicembre scorso, solo 22.253, meno del 37%, non avevano alle spalle precedenti carcerazioni. 7.042 ne avevano addirittura un numero che spazia dalle 5 alle 9. Le misure alternative garantiscono assai di più l’abbattimento della recidiva e dunque la sicurezza della società. E costano anche assai di meno del carcere. Chi vuole usare la razionalità, non può che sperare in un loro incremento.

Il sovraffollamento delle carceri non è uniforme sul territorio nazionale. Alcuni istituti sono sottoutilizzati, altri superano di gran lunga il tasso di affollamento medio. Ad esempio quello di Como, con un tasso del 200% (462 detenuti per 231 posti, con 56 donne e 242 stranieri). Vi abbiamo trovato detenuti con un numero del tutto insufficiente di metri quadri di spazio a disposizione. Le condizioni igienico-sanitarie sono critiche. Molte docce sono prive di diffusori e alcune sono inutilizzabili a causa degli scarichi intasati. L’acqua calda in cella non è garantita. Anche le due carceri di Brescia e quella di Busto Arsizio sono molto sovraffollate. La Lombardia ha questo triste primato. E poi anche Taranto – dove l’esiguità degli spazi esterni è tale da costringere la direzione ad un sistema di turnazione che garantisca a tutte le sezioni le ore d’aria ma dove l’apertura delle celle e la vita in comune per molte ore al giorno aiuta a supplire a questa carenza – Chieti, Pordenone.

Se guardiamo agli stranieri in carcere, possiamo ben affermare, dati alla mano, che non sussiste un’emergenza al proposito. Non c’è correlazione tra i flussi di migranti in arrivo in Italia e i flussi di migranti che fanno ingresso in carcere. Negli ultimi quindici anni, a partire dal 2003, alla più che triplicazione degli stranieri residenti in Italia è seguita, in termini percentuali, una quasi riduzione di tre volte del loro tasso di detenzione. Se nel 2003 ogni cento stranieri residenti in Italia (erano circa 1 milione e mezzo) l’1,16% finiva in carcere, oggi (che sono circa 5 milioni) questa percentuale si riduce allo 0,39%. Un dato straordinario in termini di sicurezza collettiva, che mostra come ogni allarme, artificiosamente alimentato durante la campagna elettorale recente, sia ingiustificato. Rispetto al 2008 ci sono duemila detenuti stranieri in meno.

Questo e molto altro si può trovare nell’ultimo Rapporto di Antigone. Per chi vuole farsi un’idea del carcere basata su una ricerca empirica, su dati corroborati, su statistiche forti. Per chi non vuole gridare slogan senza base di realtà che solo parlano alla pancia delle persone dimenticandosi che esse hanno una testa.

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