I dirigenti e i membri del consiglio d’amministrazione di Tirreno Power saranno processati per le accuse di disastro ambientale e sanitario colposo. Lo ha stabilito il giudice di Savona che ha accolto le richieste di rinvio a giudizio di tutti i 26 imputati che erano state formalizzate dai pm Daniela Pischetola e Vincenzo Carusi. Il processo all’ex centrale a carbone di Vado Ligure, che vedrà come parti civili sei associazioni ambientaliste – Greenpeace, Medicina Democratica, Legambiente, Uniti per la salute, Wwf e Anpana – e il Ministero dell’Ambiente, inizierà il prossimo 11 dicembre.

Sono stati rinviati a giudizio tra gli altri Giovanni Gosio, direttore generale di Tirreno Power dal 2003 al 2014, e Massimo Orlandi, presidente del Cda in diversi periodi nonché membro del Comitato di Gestione. A giudizio inoltre numerosi consiglieri di amministrazione e direttori di dipartimento e manager che si sono succeduti dal 2004 al 2014. I pubblici ministeri Pischetola e Carusi avevano chiesto l’archiviazione per altri quattordici dirigenti della Tirreno Power. L’inchiesta si era chiusa il 17 giugno 2015 con 86 indagati, tra i quali figuravano anche politici e amministratori locali, tra i quali l’ex presidente della Regione Liguria Claudio Burlando e tutta la sua giunta. La posizione di tutti i politici e degli amministratori locali era stata archiviata, così come quella di altri indagati.

L’inchiesta era culminata con il sequestro della centrale nel marzo 2014 per presunte violazioni all’Aia, l’autorizzazione integrata ambientale. La procura ha indagato anche su 427 morti ‘anomale’ verificatesi tra il 2000 e il 2007 per malattie respiratorie e cardiovascolari. Mentre, secondo perizie in mano ai pm, tra il 2005 e il 2012 sono stati 2097 i ricoveri di adulti per malattie respiratorie e cardiovascolari, che i magistrati temono dovuti alle emissioni della centrale. Nello stesso periodo sono stati 586, sempre secondo la procura, i bambini ricoverati per patologie respiratorie.

Secondo l’allora procuratore Francantonio Granero – ora in pensione – i fumi emessi dai gruppi a carbone avrebbero causato un aumento dell’inquinamento nonché della mortalità dei residenti: a sostegno di questa tesi negli anni sono stati prodotti diversi studi legati sia alla diffusione dei licheni (per l’aspetto ambientale) che dei tumori (per quello sanitario). Sotto accusa anche la mancata installazione da parte dell’azienda di centraline a camino che permettessero di monitorare in modo più efficace la composizione di quei fumi e la rispondenza ai dettami di legge. Alla chiusura hanno fatto seguito mesi di polemiche tra ambientalisti e sostenitori dell’azienda, con gli operai finiti in cassa integrazione e l’indotto in crisi. Alla fine la centrale è stata riaperta, ma soltanto a metano, con una sostanziale diminuzione della forza lavoro e la decisione di abbattere una delle due ciminiere.

Il rinvio a giudizio di alcuni dirigenti e manager di Tirreno Power “è un passaggio obbligato dopo un decennio di indagini e imputazioni che si sono progressivamente alleggerite”. Lo si legge nella nota della direzione aziendale di Tirreno Power. Il processo, prosegue la nota “sarà l’occasione per fare finalmente chiarezza su una vicenda in cui alcuni consulenti tecnici della procura sono gli stessi che avevano chiesto la chiusura dell’impianto a carbone e le cui metodologie sono già state sconfessate in altre sentenze. Tirreno Power ha sempre rispettato scrupolosamente tutte le leggi che regolavano l’esercizio della centrale alimentata a carbone e tutti i limiti di emissione, fatto – prosegue la nota – non contestato dalla stessa accusa. Le rilevazioni ufficiali dimostrano che i contributi delle emissioni della centrale nell’ambiente erano irrilevanti e infatti a anni di distanza dalla chiusura dell’impianto a carbone i dati della qualità dell’aria non si sono modificati”.

La lite sullo studio nascosto – Meno di una settimana fa il senatore savonese del Movimento 5 stelle, Matteo Mantero, aveva reso pubblico uno studio del Cnr di Pisa rispetto a decessi e malati nell’area circostante alla Tirreno Power: “Nelle zone esposte agli inquinanti vengono calcolate percentuali di decesso tra il 30 e il 60% dovute a tumori ed altre cause e tra il 40 e il 60% dovute a malattie dell’apparato respiratorio”. “A fronte di questa situazione – denunciava Mantero – la Regione Liguria per mesi, ha avuto un atteggiamento ostruzionistico rispetto alle richieste, avanzate sia dai comitati locali che da noi, di accesso agli atti”. Lo studio epidemiologicoè stato depositato poi in Procura a Savona dal consigliere regionale M5s Andrea Melis: “Ho ritenuto opportuno depositare la relazione – aveva spiegato – Si tratta di un documento importante che permette di fare ulteriore chiarezza sul nesso tra la produzione di energia della centrale usando carbone e gli effetti sulla salute della popolazione“.

“Lo studio del Cnr dello scorso anno ipotizza responsabilità non coerenti con le emissioni della centrale di Tirreno Power, giungendo a conclusioni addirittura paradossali”, aveva replicato scrive l’azienda in una nota. “L’elemento considerato dallo studio sono gli ossidi di azoto. Secondo quanto affermato dagli stessi ricercatori del Cnr, le emissioni di questa sostanza da parte dei gruppi a carbone della centrale di Vado Ligure incidevano solo per una quota compresa tra l’1 e il 2% del totale presente nell’aria. Mentre sempre secondo i dati dello studio, ad esempio, il traffico veicolare incideva per il 63%. E’ evidente che su queste basi sono inconsistenti le conclusioni che ipotizzano un collegamento tra queste emissioni della centrale a carbone e una responsabilità sulla salute degli abitanti del territorio”, concludeva la nota.

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