Quando entrarono nell’androne “capii che si era realizzata un’occasione di sesso e così ci siamo comportati da maschietti“. Marco Camuffo lo racconta davanti alla pm Ornella Galeoffi durante l’interrogatorio. È uno dei carabinieri di Firenze accusati di aver stuprato due studentesse americane lo scorso 7 settembre, dopo averle accompagnate a casa dalla discoteca Flo di piazzale Michelangelo assieme al collega di pattuglia, Pietro Costa. Che ai magistrati ha invece raccontato di aver sì “fatto degli errori” e “violato tutti i doveri, ma non sono un mostro“.

Riaccompagnare a casa le ragazze, dice Camuffo, “per me era una galanteria”. “Avrei dovuto avvisare il comandante, ma non l’ho fatto. Ma si è sempre fatto così – ha spiegato ai pm che hanno chiuso le indagini negli scorsi giorni – perché magari per motivi di sicurezza le aggrediscono nel portone. Così ci siamo consultati, perché eravamo titubanti”. Eppure, secondo le indagini, alla fine furono proprio loro due ad approfittare delle ragazze, abusando della loro condizione di ubriachezza, una volta arrivati in Borgo Santissimi Apostoli.

Costa ha ricordato – con qualche difficoltà – che il collega aveva cercato di abbassare i pantaloni alla studentessa ma lei diceva no. Ma dice non di non aver visto altro. Per quanto riguarda la sua posizione, ha più volte affermato di aver interrotto il rapporto senza completarlo, mentre Camuffo ha raccontato che la studentessa era disponibile. “È stata lei a invitarmi a salire – dice Costa – Pensavo nella mia testa magari salgo poi scendo ci diamo un bacio e finisce là. Sapevo che ero in servizio e questa cosa non doveva assolutamente accadere”.

Invece, stando alla ricostruzione fatta nel corso dell’inchiesta che ora sarà vagliata dai giudici, andò diversamente. Costa specifica: “Io faccio questo lavoro e tutti sanno che queste americane spesso e volentieri fanno delle avances, questa è la storia che sappiamo un po’ tutti. Ho sbagliato. Ho fatto un errore”.

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