Lo sfregio è arrivato 40 anni dopo il peggior momento attraversato dalla Repubblica italiana nella sua storia e nel clima di scontro politico che si registra nel Paese a dieci giorni dal voto del 4 marzo. “A morte le guardie” recita la scritta comparsa questa mattina in via Fani nel luogo in cui il 16 marzo 1978 le Brigate rosse rapirono il presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro dopo aver trucidato gli uomini della sua scorta. La scritta, in vernice nera e con a lato disegnate una svastica e una runa, è stata trovata intorno alle 7.15 disegnata sul basamento di cemento della lapide commemorativa della strage nella quale trovarono la morte il maresciallo dei carabinieri Oreste Leonardi e i poliziotti Giulio Rivera, Francesco Zizzi e Raffaele Iozzino. La targa era stata infatti momentaneamente rimossa per lavori di restauro. Indagano gli uomini del commissariato Monte Mario.

“Una azione vergognosa e un insulto per i tanti servitori dello stato che hanno perso la vita per mantenere la schiena dritta alla democrazia di questo Paese”, il commento dei familiari delle vittime di via Fani. “Dopo quarant’anni c’è ancora un imbecille – dicono i familiari per bocca del loro legale, l’avvocato Valter Biscotti – che va in giro a fare cose del genere. Oggi più che mai dobbiamo ricordare tutti gli agenti, carabinieri e appartenenti alle forze dell’ordine che sono caduti in quei terribili ‘anni di piombo‘ sacrificando la propria vita per la tenuta democratica“. Biscotti annuncia che i familiari degli agenti “si costituiranno parte offesa nel procedimento a carico di chi ha apposto quelle scritte vergognose sulla lapide”.

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