Un nome intorno al quale si è creato un vero e proprio caso. Quello del capo dipartimento per le Riforme istituzionali della Presidenza del Consiglio, Carla Ciuffetti. Dove è arrivata nel 2014 quando a guidare l’omonimo ministero c’era l’attuale sottosegretaria Maria Elena Boschi. Un dettaglio che non è sfuggito ai deputati del Movimento 5 Stelle, Alessio Villarosa e Daniele Pesco. Autori a quattro mani sul Blog delle Stelle, di un post con cui denunciano “l’ennesimo blitz” pre-natalizio del governo, che ha inserito anche il nome della Ciuffetti – “una stretta collaboratrice della sottosegretaria Boschi”, rimarcano i due parlamentari – nella proposta di “nomina di tre consiglieri di Stato”. Insieme a quelli dell’attuale vice segretario di Palazzo Chigi, Luigi Fiorentino, e dell’ex deputato del centrosinistra, Luigi Mantini.

BENVENUTA CONSIGLIERA – “Nel silenzio dei media Paolo Gentiloni che, a Camere sciolte, per prassi istituzionale dovrebbe svolgere solo il disbrigo degli affari correnti, continua a piazzare amici di Renzi e dell’esecutivo in posti chiave”, accusano i deputati del M5s. Prendendo di mira, innanzitutto, la designazione della Ciuffetti. Ma chi è l’attuale capo del dipartimento Riforme istituzionali? Classe 1962, dirigente di prima fascia “non appartenente ai ruoli”, avvocato dal 1991, la Ciuffetti, considerata molto vicina al segretario generale di Palazzo Chigi Paolo Aquilanti, ha lavorato (dal 1987 al 1991) come procuratore presso l’Ufficio legale dell’Enel prima di lasciare il privato per entrare nel pubblico. Dal 1991 al 1996 presta servizio nella segreteria delle commissioni Trasporti, Attività produttive e Bilancio della Camera. Dove, fino al 2008, cambia diversi incarichi: dal Coordinamento delle attività di documentazione sulle politiche dell’Unione europea a quello delle attività contrattuali per poi passare alla Segreteria del Comitato per la legislazione. Dal 2000 è a capo dell’Ufficio per il sindacato ispettivo e gli atti di indirizzo e poi di quello per il coordinamento delle attività e il contenzioso dell’Amministrazione fino al 2008. Anno in cui assume l’incarico di capo del settore legislativo del Dipartimento per i Rapporti con il Parlamento della Presidenza del Consiglio. Prima di rientrare alla Camera, dal 2009 al 2014, in veste di coordinatore dell’area istituzionale del Servizio Studi. Infine, l’ultimo trasloco a Palazzo Chigi nell’attuale ruolo di capo Dipartimento per le Riforme istituzionali con l’allora ministra Boschi. Incarico rinnovato nel 2017 dal nuovo governo guidato da Gentiloni.

“GOVERNO SCORRETTO” – C’è anche un altro nome, tra quelli proposti dal governo, che non è andato affatto giù ai deputati grillini. “Se ciò non bastasse, fra le tre nomine in oggetto, c’è quella del professor Pierluigi Mantini, vicepresidente dell’organo di autogoverno dei magistrati dei tribunali amministrativi regionali, (Cgpa), lo stesso organo a cui è pervenuta la richiesta del Governo, per il prescritto parere di competenza, a seguito del Consiglio dei ministri dello scorso 23 dicembre – accusano ancora Villarosa e Pesco –. Avete capito bene: a fine anno il governo chiede al Cgpa, di cui Mantini era all’epoca il vicepresidente, un parere sulla nomina di tre funzionari a consiglieri di Stato, fra cui lo stesso Mantini e l’amica della Boschi”. Insomma, secondo i deputati del M5S, “un conflitto d’interessi enorme, e per nulla mitigato dalle successive dimissioni di Mantini dal Cgpa”.

Aquilano classe 1956, avvocato e professore di diritto amministrativo al Politecnico di Milano dove è stato Direttore della Sezione Giuridica, Mantini, che si è dimesso dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa il 3 gennaio scorso subito dopo aver preso conoscenza della proposta di nomina del governo, è stato deputato per tre legislature (Democratici, Margherita, Ulivo) dal 2001 al 2013. Oltre al merito, però, i deputati del M5S contestano al anche il metodo dell’esecutivo. “E’ molto scorretto, inoltre, il fatto che, fra l’altro, non c’era nessuna urgenza di procedere a tali nomine, nessuna scadenza o carenza d’organico, e il cui apporto è del tutto indifferente per la funzionalità del Consiglio di Stato”, concludono Villarosa e Pesco. Dopo la proposta di nomina del governo l’iter prevede ora che ad esprimere un parere sia proprio il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa. Dopodiché, l’ultima parola spetterà al Quirinale: fatte le dovute valutazioni, se non saranno ravvisati impedimenti, il presidente della Repubblica firmerà il decreto che concluderà la procedura.

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