“L’ultimo grande vecchio che è rimasto in Italia”, che poteva permettersi da dare del “cazzone” a Matteo Renzi, con il quale “parliamo delle cose più varie, che so del comportamento di un ministro”. E che a La Repubblica discute di economia non con Ezio Mauro cui “delle cose economiche e finanziarie non gliene fotte nulla” ma “con Fubini o con qualcuno della parte economica”. Così parlò Carlo De Benedetti alla Consob, secondo un verbale pubblicato da La Verità. All’autorità che vigila sulla liceità delle operazioni condotte in Borsa e che lo stava ascoltando nell’indagine sui movimenti sospetti intorno alle banche popolari, l’allora presidente del Gruppo Espresso ha raccontato del proprio rapporto con l’ex premier e i vertici del quotidiano capitolino.

Al centro dell’audizione ci sono i movimenti effettuati a piazza Affari dal broker di fiducia dell’Ingegnere, Gianluca Bolengo (indagato per gli stessi fatti a Roma, con la procura che ha chiesto l’archiviazione), il 16 gennaio 2015. Il giorno prima Renzi avrebbe dato all’editore la notizia che la riforma delle banche popolari sarebbe andata in porto: questi ha poi investito 5 milioni, realizzando una plusvalenza di 600.000 euro. Circostanza che ha portato la Consob a ipotizzare il reato di insider trading, commesso da chi, in possesso di notizie in grado di influenzare l’andamento di un titolo in Borsa ne approfitta per guadagnarci. De Benedetti racconta che 24 ore prima si era recato a Palazzo Chigi per una forma di cortesia: “Sarebbe stato poco educato non riprendere i contatti con lui dopo che avevo fatto le vacanze di tre settimane”. Tra loro, sottolinea, c’è un rapporto di grande confidenza (“Parliamo delle cose più varie, che so del comportamento di un ministro”), al punto da avere “il diritto di dirgli che era un cazzone quando – chiedo scusa alle signore – mi sembrava fosse il caso. Per esempio adesso sull’attacco alla Merkel non sono minimamente d’accordo”.

Quando gli ispettori della Consob gli domandano se avesse parlato con qualcuno degli argomenti affrontati con Renzi e nella fattispecie della riforma delle popolari, l’Ingegnere risponde: “Con Ezio Mauro: il direttore, l’ex direttore direttore di Repubblica, perché normalmente se ci sono degli argomenti che apportano un certo interesse per il giornale della parte, chiamiamola Renzi (…), se intuisco che Nannicini è in crescita e Rosa è in decrescita nell’opinione di Renzi dico a Ezio: ‘Guarda che quello lì è caduto un po’ in disgrazia’”. L’ispettore vuole essere sicuro e domanda a De Benedetti se fosse sicuro di aver incontrato Mauro e di avergli riferito delle questioni di cui aveva parlato con Renzi: “No, non sono assolutamente sicuro – ritratta l’Ingegnere – incontrato no, perché quella settimana non l’ho incontrato. Mentre telefonate, ci parliamo due volte al giorno, però a Mauro delle cose economiche e finanziarie non gliene fotte nulla proprio come sua mentalità per cui non parlo mai con lui quando c’è qualcosa perché parlo con Fubini (Federico, giornalista economico, allora a La Repubblica e ora vice direttore del Corriere della Sera, ndr) o con qualcuno della parte economica“.

Il verbale emerge nel giorno in cui su La Repubblica campeggia un editoriale in cui la direzione si rivolge ai propri lettori “per salvaguardare un patrimonio di fiducia maturato nel tempo”. “Nessun interesse improprio ha mai guidato le scelte giornalisti che di Repubblica e nessun conflitto d’interessi né ha mai influenzato le valutazioni”, si legge. “I rapporti, i giudizi e le iniziative di Carlo De Benedetti sono fatti personali dell’Ingegnere. Questo giornale ha sempre avuto a cuore la propria indipendenza e goduto di una totale libertà di scelta“.

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