L’appunto dimenticato di Giovanni Falcone su Silvio Berlusconi e Cosa nostra?  “Il pentito Francesco Marino Mannoia mi disse: Andate a vedere come ha fatto i primi soldi. Non aggiunse altro”. C’è un testimone oculare del promemoria dimenticato dal giudice Falcone nel suo ufficio, tra le pagine dei verbali del collaboratore di giustizia Francesco Marino Mannoia.  “Cinà in buoni rapporti con Berlusconi. Berlusconi dà 20 milioni a Grado e anche a Vittorio Mangano“, c’è scritto su un foglietto di carta trovato in quello che è stato lo studio del giudice, all’interno del palazzo di giustizia di Palermo, ormai diventato un museo. A fare quella scoperta scoperta era stato uno dei più stretti collaboratori del magistrato, Giovanni Paparcuri, che dopo essere andato in pensione accoglie nel “bunker” del pool antimafia i visitatori. Adesso, però, il giornalista Salvo Palazzolo sul quotidiano La Repubblica ha trovato un testimone di quell’appunto dimenticato: si chiama Maurizio Ortolan, ispettore in pensione della polizia, agente di scorta del pentito Mannoia e poi, nel 2006, componente della squadra che arrestò il boss Bernardo Provenzano.

“Fu il pentito Francesco Marino Mannoia a parlare di Berlusconi al dottore Falcone, che chiedeva di grosse estorsioni, di imprenditori che pagavano. Eravamo alla fine del 1989. Mi sembra di ricordare che quel giorno Mannoia faceva riferimento a soldi pagati da Berlusconi per proteggere i ripetitori tv in Sicilia. Il pentito parlò e il giudice prese un appunto su un foglio”, dice Ortolan, che in quel periodo proteggeva Mannoia. E in quel momento che Falcone appunta sul foglio: “Cinà in buoni rapporti con Berlusconi. Berlusconi dà 20 milioni a Grado e anche a Vittorio Mangano”. Cinà, Grado e Mangano sono i nomi dei mafiosi che riemergeranno nell’inchiesta su Marcello Dell’ Utri, oggi in carcere con l’accusa di aver mediato il ” patto di protezione” tra Berlusconi e Cosa nostra tra il 1974 e il 1991: prima per evitare il sequestro dei familiari, poi per proteggere i ripetitori Fininvest.

Ma cosa successe quando Mannoia fa a Falcone il nome di Berlusconi? “Il giudice – dice Ortolan – disse: Di quello che lei mi sta raccontando c’ è la possibilità di trovare il riscontro?. Mannoia si mise a ridere e commentò: Dottore, Cosa nostra non è come un’ assemblea di condominio, che per ogni cosa si fa un verbale. Falcone prese nota su un foglio, ma non verbalizzò” . Il poliziotto spiega il motivo: “Il giudice prendeva sempre appunti prima di dettare ciò che dovevo scrivere. Voleva essere sicuro che ogni dichiarazione del pentito si potesse provare attraverso i necessari riscontri che poi il nostro nucleo doveva cercare. Falcone era ossessionato dai riscontri, diceva: Altrimenti, fanno passare per matto me e pure il collaboratore”.  In seguito, però, Mannoia non ha più toccare l’argomento neanche quando fu interrogato al processo Dell’Utri.

“Quando ho saputo del foglio ritrovato mi sono stupito – dice Ortolan – non pensavo che fosse ancora in giro. Anche perché, spesso, Falcone strappava i promemoria. Invece, le parole su Berlusconi mai verbalizzate sono rimaste nel suo ufficio di Palermo. Lo dimenticò, quell’ appunto? O, forse, volle lasciarlo a futura memoria?“. Mistero. Quello che è certo è che quelle parole colpirono anche Ortolan. “La storia mi aveva incuriosito”,  spiega l’ ex investigatore. Che in una di quelle giornate trascorse a fare da scorta al boss, chiese a Mannoia ulteriori informazioni su Berlusconi e la mafia: “Mi disse: Andate a vedere come ha fatto i primi soldi. Non aggiunse altro”.

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