Mentre il Governo Gentiloni continua a parlare di migliaia di assunzioni al via nelle forze dell’ordine sono diverse le emergenze relative ai tagli della polizia penitenziaria in tutta Italia, effetto del decreto Madìa del 2 ottobre 2017 sulla ripartizione delle dotazioni organiche del Corpo. Con un effetto paradossale: se prima di quella data in quasi tutti gli istituti si lamentavano di carenze d’organico, oggi – secondo i numeri di quel decreto – si è in esubero. Se la Fp Cgil Lombardia critica duramente il decreto Madìa che sul territorio taglia oltre 600 poliziotti penitenziari a fronte di una carenza d’organico, ad oggi, di mille unità, nei giorni scorsi il deputato M5S Filippo Gallinella, partendo dai tagli in Umbria, ha annunciato un’interrogazione per chiedere di adeguare gli organici di polizia penitenziaria alle esigenze reali delle carceri.

I DATI – Proprio Gallinella ha ricordato che “la polizia penitenziaria, per effetto della legge Madìa, ha subìto un drastico taglio di personale a livello nazionale, passando da 41.335 unità nel 2013 a 37.181 unità nel 2017”. In questa situazione le assunzioni (nell’anno in corso sono state poco più di mille) non coprono neppure i licenziamenti. In Campania si passa da 4.756 a 4.003 agenti, in Sicilia da 4.203 a 4.770. Il Provveditorato di Lazio, Abruzzo e Molise dovrà distribuire 5.116 uomini, mentre prima erano 5.648 assegnati a due distinti Provveditorati poi accorpati. “Il punto è che il decreto Madìa – spiega a ilfattoquotidiano.it, Donato Capece, segretario generale del Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria) ha ridotto di oltre 5mila unità l’organico rispetto a quello del 2001”. Al taglio, però, si è aggiunto un altro problema. Perché se il ministro stabilisce il contingente e ripartisce le unità disponibili per ogni singolo provveditorato territoriale, a quest’ultimo spetta il compito di assegnare gli agenti a ciascun istituto. “Con questi numeri – aggiunge Capece – è sempre più difficile per il provveditorato dividere il numero di uomini per ciascun istituto (190 quelli in Italia)”. Tant’è che non si sta tenendo conto di alcuni fattori, quali l’alta sicurezza, “con effetti negativi per quelle carceri dove vi è un maggior numero di detenuti sottoposti al 41 bis”.

LA DENUNCIA DI FP CGIL LOMBARDIA – Se il decreto ministeriale del 22 marzo 2013 firmato dall’ex ministra della Giustizia, Paola Severino, prevedeva una pianta organica per la Lombardia di 5.219 unità, con il taglio previsto dal decreto della ministra Marianna Madia, in accordo col ministero della Giustizia, l’organico previsto è di 4.594 unità. Quindi 625 attuali lavoratori sono considerati in esubero. La Fp Cgil Lombardia denuncia “una situazione inquietante e preoccupante” e che “invece di essere colmata, la carenza di personale viene aumentata”. “Non accettiamo un così drastico taglio alle risorse umane, soprattutto dopo aver messo a conoscenza per anni il governo della gravosa situazione delle carceri sprovviste del personale necessario” sottolinea Calogero Lo Presti, coordinatore regionale Fp Cgil, secondo cui “è una beffa nei confronti di lavoratrici e lavoratori”. Oltre ai 625 posti di lavoro a rischio, si sottolinea un ulteriore aumento di lavoro e di responsabilità per chi resta, “che si concretizzerà in una crescita sproporzionata del lavoro straordinario, tra l’altro non interamente retribuito, e una diminuzione della sicurezza nei luoghi di lavoro sia per i poliziotti che per i detenuti”.

SCATTA L’INTERROGAZIONE – Ma la Lombardia non è l’unica regione interessata dai tagli. A sottolineare la situazione in Umbria è stato il deputato M5S Filippo Gallinella, specificando che “in Umbria ci sarà una diminuzione del 18 per cento, con un taglio di 169 unità” e annunciando un’interrogazione parlamentare sulla questione per chiedere di adeguare gli organici di polizia penitenziaria “alle esigenze reali delle carceri”. Secondo Gallinella il decreto Madia “non tiene conto né della diversa tipologia degli istituti penitenziari umbri (Spoleto ospita 6 tipologie di detenuti), né dell’aumento drastico dei carichi di lavoro e neanche della prossima apertura di nuove sezioni detentive: tutto ciò, a danno della sicurezza dei penitenziari e della salute psico-fisica del personale, che ha un’età media di 50 anni”.

LA SITUAZIONE IN LIGURIA – A criticare gli effetti del decreto Madìa anche il Sappe Liguria. La regione condivide con Piemonte e Valle d’Aosta un unico Provveditorato. Sommando gli uomini prima a disposizione di ciascuno dei tre Provveditorati si arrivava a 4.876 uomini, oggi siamo a 4.065. “Prima per tutti gli istituti della Liguria erano previsti 1.173 poliziotti – denuncia il responsabile regionale del sindacato Michele Lorenzo – mentre oggi il taglio netto degli organici voluti per la Pubblica amministrazione dal ministro Madìa e mal gestiti dal Ministero della Giustizia, li riduce a soli 994 unità. Quindi un segno negativo di 179”. Contemporaneamente, però, c’è un aumento della popolazione detenuta che supera i 1400 reclusi. “Finanche la previsione nella legge di stabilità 2016 che prevedeva investimenti a favore del personale di polizia penitenziaria – continua il Sappe – risulta insufficiente e non risolve il problema”. Significativo il taglio che riguarderà il carcere Marassi di Genova, dove il personale “nei primi 10 mesi dell’anno ha utilizzato poco più di 42mila ore di straordinario, e non tutte pagate. Non osiamo immaginare – aggiunge il sindacato – come si gestirà con 70 unità in meno”.

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