“Avrei indetto le elezioni se vi fossero state le garanzie, ma queste garanzie” da parte di Madrid “non ci sono”. Quindi “sarà il Parlamento catalano a decidere se proclamare l’indipendenza”. Carles Puidgemont parla al Palau de la Generalitat di Barcellona intorno alle 17, dopo avere rinviato per due volte (alle 13.30 e alle 14.30) la sua dichiarazione. Che doveva essere sulle elezioni anticipate previste per il 20 dicembre, per tentare di fermare l’applicazione dell’articolo 155 – ovvero del commissariamento della Catalogna – da parte di Madrid. Un articolo, ha detto il presidente catalano, la cui applicazione “è abusiva e ingiusta. Non accetto le misure che il governo di Madrid ha adottato”. E Puigdemont ha attaccato anche il partito di Rajoy: non si è “ottenuta una risposta responsabile dal Partito Popolare che ha approfittato delle opzioni sul tavolo per attaccare me, l’autorità catalana e il dialogo”.

Ma l’esecutivo centrale non cambia posizione e la vicepremier spagnola Soraya Saenz de Santamaria, parlando davanti alla Commissione del Senato spagnolo che deve dare via libera all’attivazione del 155, ha dichiarato che il governo chiede l’attivazione dell’articolo contro la Catalogna. Un “obbligo legale, democratico e politico” per “ristabilire l’esercizio dell’autogoverno catalano in un quadro costituzionale” e “tutelare l’interesse generale della Spagna“. Il pacchetto di misure elaborate dal governo di Madrid in applicazione dell’articolo della Costituzione, ha detto, come obiettivo il rispetto dei diritti delle persone, la convivenza e la concordia in Catalogna. “Per far fronte a una situazione così straordinariamente grave – ha precisato – lo Stato di diritto ha strumenti eccezionali. Ciò che l’articolo 155 prevede non esiste sono in Spagna“.

I Mossos d’Esquadra, intanto, si sono dispiegati nel pomeriggio attorno alla sede del PDeCAT nella via Provença a Barcellona, dove i “comitati a difesa del referendum” hanno convocato le proteste contro il previsto annuncio di elezioni anticipate. Decine di persone si sono radunate nella zona e urlano espressioni come “traditori”, avendo accolto la richiesta dei leader indipendentisti di “non accettare nessuna rinuncia” nel processo indipendentista. Sul posto sono confluiti anche gruppi di studenti che hanno manifestato a Barcellona contro l’applicazione dell’articolo 155.

Lo scenario politico – Per Puigdemont, al centro di pressioni incrociate, sono ore critiche. Junts Pel chiede che proclami l’indipendenza, mentre in caso di annuncio di voto anticipato, il partito della Sinistra Repubblicana Catalana (Erc) del vicepresidente Oriol Junqueras ha minacciato di lasciare il Govern. Ma il governo è diviso. Una parte è per la Repubblica subito, costi quel che costi, un’altra chiede di salvare le istituzioni dell’autogoverno, convocando immediatamente elezioni anticipate. Una decisione che potrebbe fermare il commissariamento. Il President è schierato per l’indipendenza ma comprensibilmente esita davanti al prezzo da pagare. Sul suo tavolo ancora oggi c’erano tre ipotesi: la Repubblica e l’avvio di un processo costituente; una dichiarazione d’indipendenza e la convocazione simultanea di elezioni anticipate (o, variante, la proclamazione abbinata ad una vittoria indipendentista alle urne); infine un semplice ritorno della Catalogna al voto. In una situazione di caos, anche giuridico, non è chiaro però se quest’ultima mossa basterebbe ad impedire il commissariamento. Il Psoe, che finora ha appoggiato la linea di Rajoy, ritiene di sì. Il Partito popolare di Rajoy invece ha già detto di no. Il premier non si è pronunciato.

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