A Tiriolo, piccolo centro della Sila piccola, in provincia di Catanzaro, le cui antiche origini sono ben testimoniate dal parco archeologico di Gianmartino e dai materiali esposti nell’antiquarium, nascerà un parco eolico. Lo ha deciso una recente sentenza del Tar Calabria, che ha ribaltato un precedente parere della Soprintendenza archeologica regionale. Già, perché gli aereogeneratori saranno impiantati proprio sopra un sito archeologico, come hanno documentato “tra il 2008 e il 2012 … verifiche di archeologia preventiva, cui hanno fatto seguito sopralluoghi da parte di personale della Soprintendenza …”. Una vicenda lunga più di dieci anni, durante i quali ci sono stati diversi tentativi di evidenziare l’impatto dell’operazione eolico sul patrimonio storico-archeologico di Tiriolo. Tra il 2014 e il 2015 ci hanno provato alcune associazioni locali, poi anche i sindacati come la Cgil regionale e provinciale, infine, alla metà di settembre il deputato del Pd Nicodemo Oliverio con una interrogazione alla Camera. Tentativi inutili, finora.

Il travagliato iter inizia nel 2007 quando la Trazzani Energy srl chiede e ottiene il via libera dalla Soprintendenza archeologica della Calabria per la realizzazione di un parco eolico costituito da 11 aereogeneratori. Prima dell’avvio del cantiere, nel 2008 la Soprintendenza prescrive delle indagini preventive. Detto, fatto, ma non finito. I risultati inducono a richiedere, nel 2009, delle indagini integrative che la Trazzani prova a bypassare, decidendo di ridurre gli areogeneratori a cinque. Però la Soprintendenza non cambia idea, così tra febbraio e marzo 2011 si procede. A questo punto tutto ok? Certo che no. Le scoperte in coincidenza di una delle torri degli aereogeneratori, suggeriscono ulteriori approfondimenti. Per questo motivo, a partire da marzo 2012, vengono realizzati alcuni saggi di scavo ai quali nel 2014 seguono degli approfondimenti. La scoperta, prima di “evidenze strutturali riconducibili ad una probabile cinta muraria” e poi di “evidenze strutturali pertinenti ad almeno due edifici di fine IV-inizio III sec. a. C. e resti murari riconducibili a due differenti contesti di età medievale cambiano i termini della questione. Ad aprile 2016 la dichiarazione d’interesse culturale da parte della Soprintendenza e l’apposizione del vincolo sull’area, con il divieto di proseguire i lavori senza la definizione del tracciato del cavidotto interrato. A questo punto la storia recente. La Trazzani ricorre al Tar che annulla gli atti di divieto della Soprintendenza, colpevole di aver cambiato idea nel 2016, dopo che nel 2008 aveva autorizzato il progetto.

“La Soprintendenza non ha il potere unilaterale di incidere ex post sull’efficacia dell’autorizzazione unica adottata e di far valere l’interesse pubblico ad essa assegnato con modalità diverse da quelle previste dal legislatore nazionale. Sotto questo profilo sono fondate le doglianze di violazione del principio del legittimo affidamento, derivante dall’efficacia autorizzatoria del provvedimento conclusivo della conferenza di servizi, e di contraddittorietà, rispetto al parere positivo reso in sede di conferenza”. Così scrivono i giudizi amministrativi nella sentenza che forse scrive la parola fine a questa vicenda. A Tiriolo ci sarà meno archeologia e più eolico. Circoscrivere la rilevanza del pronunciamento del Tar all’ambito locale si potrebbe rilevare una pericolosa sottovalutazione. La Soprintendenza aveva fondato le sue controdeduzioni alle osservazioni della Trezzani avverso l’apposizione del vincolo proprio sul “principio costituito dall’obbligo di assicurare la tutela delle emergenze archeologiche sopravvenute”. Caduto il principio, si affievolisce la forza della tutela. Non solo a Tiriolo.

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