Uno sguardo alla storia ci permette di capire quanto l’organo genitale maschile sia sempre stato associato al concetto di potere. Una grande enfasi sulle dimensioni del pene ha segnato sia la cultura greco-latina sia quella romana.

Per i Greci, le misure dovevano essere simili a quelle di un atleta adolescente, in quanto la lunghezza del pene indicava la prossimità alla divina intelligenza, quindi più era piccola e più si era vicini al potere divino; non a caso, schiavi e forestieri venivano rappresentati con peni particolarmente grandi, in segno di disprezzo.

Tra i Romani, viceversa, divenne oggetto di venerazione la divinità Priapo, un piccolo uomo barbuto dotato di un fallo enorme con il quale poteva penetrare uomini e donne, simbolo di forza, istinto sessuale e fertilità maschile.

Tornando ai giorni nostri, sembra che nel percorso evolutivo di un maschio “sano”, l’idea di non avere una dimensione del proprio organo genitale adeguata, conforme agli standard sociali, sia un passaggio obbligato. Si calcola che almeno due terzi degli uomini abbiano pensato di avere un membro non all’altezza; per qualcuno è un’idea passeggera, per altri diventa una preoccupazione continua o addirittura un’ossessione.

Numerosi adolescenti si approcciano alla sessualità con poche informazioni, spesso scorrette e imprecise, apprese soprattutto tramite siti internet, da coetanei con esperienza e ritenuti più esperti, e confrontandosi con ciò che vedono spesso nei video pornografici. E’ frequente la richiesta di rassicurazione sulle dimensioni del proprio pene e alcune ricerche hanno rilevato un’ansia correlata alle dimensioni del pene per circa cinque o sei adolescenti su 10.

L’ansia da pene piccolo, abbastanza comune, si caratterizza come timore che le dimensioni possano incidere sulla qualità del rapporto con la partner e del giudizio e confronto di questa con altri partner sessuali, magari descritti come maggiormente dotati. Ma esiste anche la fobia, in forma meno frequente, ma più invalidante a livello funzionale, in quanto basata sull’evitamento di attività sessuali, sul rifiuto e paura per il confronto; si può parlare di “dismorfofobia”, che rientra nei disturbi somatoformi. La dismorfofobia peniena è alla base di un disagio costante con tratti sia ansiosi che depressivi.

La sindrome del pene piccolo non è facile da affrontare e da risolvere perché solitamente l’adolescente non riesce a comunicare le emozioni, il senso di inferiorità e inadeguatezza che si trova dietro la misura dei propri genitali. Tuttavia, sono presenti una serie di comportamenti autoreclusivi quali apatia, scarso rendimento scolastico, comportamenti autolesivi, isolamento sociale, alterazione della condotta alimentare e esagerato esercizio fisico.

Al giorno d’oggi, l’esaltazione del corpo e in particolar modo degli organi genitali, introduce inevitabilmente una percezione di inadeguatezza a quelli che sono gli standard proposti socialmente: bisogna avere una vita sessuale attiva precoce e impeccabile, in cui primeggia uno stereotipo del maschio sempre pronto, desideroso, esente da problemi, paure o vergogna.

Cosa si può fare?

Le linee dell’intervento clinico sono diverse: l’andrologo e il sessuologo, lavorando in equipe, cercheranno di ricostruire la storia sessuale del paziente, instaurando una buona alleanza e un ascolto attivo che permetta di rispettare le difficoltà. L’esplorazione non deve essere intrusiva, vanno ascoltati i silenzi, le sensazioni, lo smarrimento, la sofferenza, e fondamentale affinché ciò si verifichi sarà la presenza di empatia dei professionisti. E’ importante porre attenzione agli atteggiamenti verso la propria mascolinità, il confronto con i pari, e gli stereotipi interiorizzati.

Talvolta un approccio esclusivamente medico, costituito da un serie di esami, un’eventuale diagnosi e terapia, non consente di vedere tutto ciò che c’è dietro ad una “semplice” preoccupazione. Inoltre, è decisamente utile ed importante avvicinare i giovani all’educazione sessuale, che si occupa non solo di informare e di accrescere conoscenze riguardo il mondo della sessualità, di sfatare falsi miti e di divulgare informazioni corrette, ma anche di educare all’affettività, all’ascolto e all’attenzione del proprio corpo, delle proprie emozioni, dei vissuti relazionali, in un’età particolare come quella adolescenziale in cui tutto è in via di definizione e di modellamento.

Ringrazio la dottoressa Vanessa Russo per la collaborazione

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