Una foto che lede la dignità umana o un elemento messo a disposizione degli inquirenti per verificare la dinamica di un omicidio, spegnere un clima di violenza e dare dignità alla vittima? Non ha avuto dubbi il Terzo collegio del Consiglio territoriale di Disciplina dell’Ordine dei giornalisti del Lazio che ha archiviato il provvedimento scaturito da un esposto dell’Ordine dei giornalisti dell’Abruzzo contro il direttore del quotidiano Il Centro, Primo Di Nicola. Sotto accusa c’era la pubblicazione in prima pagina di una foto del cadavere del 22enne Italo D’Elisa, ucciso a Vasto all’inizio dell’anno da Fabio Di Lello, marito di Roberta Smargiassi, morta in un incidente che era stato proprio D’Elisa a provocare. Secondo il Consiglio di disciplina presieduto da Sergio D’Agostino, con la pubblicazione della foto pubblicata il 3 febbraio scorso, giorno dopo l’omicidio, “si proponeva al lettore un’immagine non essenziale ai fini del racconto della vicenda” e che indugiava “su particolari lesivi della dignità della persona”. Secondo quanto scritto dall’Ordine quella foto mostrava la vittima “in un lago di sangue”. Il Terzo collegio del Consiglio territoriale di Disciplina dell’Ordine dei giornalisti del Lazio ha dato invece ragione al direttore del quotidiano.

Per Di Nicola nell’esposto del Consiglio di disciplina è stata messa “nero su bianco una menzogna” (non c’è traccia di sangue in quella foto) avviando un procedimento “con l’obiettivo di mettere sotto processo questo giornale e il suo direttore, quando invece il nostro lavoro è stato svolto meticolosamente, proprio con l’obiettivo di chiarire i fatti e dare dignità alla vittima”. Di Nicola commenta così l’accaduto a IlFattoQuotidiano.it. E denuncia un clima nel quale “il giornale – ha scritto in un editoriale – ha dovuto contrastare anche tentativi esterni di condizionare la sua indipendenza e la sua autonomia”, ma in cui “ogni tentativo di pressione è fallito”. Gli atti del procedimento sono stati pubblicati sul quotidiano anche “perché – ha spiegato il direttore – chi dovrebbe intervenire, lo faccia subito e con la severità necessaria”.

LA FOTO CONTESTATA – Nell’esposto la descrizione della foto: “Mostra la vittima non ricoperta dal lenzuolo, in un lago di sangue, nell’atto di stringere tra le mani il suo telefono. Un particolare, quest’ultimo, che è oggetto di un’ulteriore particolare riquadro”. Secondo il Consiglio quella pubblicazione andava contro il comma 1 dell’articolo 8 del Codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, violando la dignità della persona. Infine il Consiglio ricordava che “la responsabilità della redazione della prima pagina dei quotidiani, a meno di deleghe esplicitamente espresse dallo stesso, è comunque riferibile alle prerogative del direttore responsabile”.

LA POSIZIONE DEL GIORNALE – Nella memoria difensiva, però, il direttore del quotidiano e l’avvocato Osvaldo Galizia hanno precisato che quella descrizione è un falso perché, prima della pubblicazione, dalla foto originale giunta alla redazione “sono state eliminate tutte le tracce di sangue che si trovavano vicino al corpo della vittima, nel rispetto della dignità personale di quest’ultima e in ossequio ai principi generali del Codice deontologico dei giornalisti”.

Ma il giornale ha precisato la sua posizione anche in merito alle ragioni che hanno portato a quella pubblicazione. Fin dalle prime ore dopo l’omicidio, infatti, si era diffuso sui social network un clima di tensione e si rincorrevano ricostruzioni fantasiose su quanto fosse realmente accaduto. Sul web circolava la voce che D’Elisa avesse incontrato Di Lello, provocandolo. Una circostanza – falsa – dalla quale erano scaturiti un clima di odio e commenti nei quali si giudicava positivamente il gesto di Di Lello. E lo stesso Di Nicola a raccontare cosa è accaduto in quelle ore: “La redazione ha verificato come fossero andati realmente i fatti, ossia che qualcuno aveva avvertito Di Lello della presenza del ragazzo in un bar. Così Di Lello lo aveva prima affrontato, per poi allontanarsi, mentre D’Elisa si era messo a parlare al telefono”.

Ed era ancora impegnato nella conversazione quando Di Lello è ritornato e gli ha sparato. Nessuno provocazione, nessuno scontro tra i due. Una dinamica ricostruita dalla Procura e confermata dalla Corte d’Assise di Lanciano con la sentenza di condanna a 30 anni di reclusione. Il direttore de Il Centro ha spiegato la necessità proprio in quei momenti di “mettere a disposizione degli inquirenti e dell’opinione pubblica un particolare così importante nella dinamica dell’evento, ossia che in mano il ragazzo avesse il telefono e non una pistola”.

L’ARCHIVIAZIONE – Dopo aver ascoltato il direttore della testata e letta la memoria difensiva, il Terzo collegio del consiglio territoriale di disciplina dell’Ordine dei giornalisti del Lazio ha preso all’unanimità la decisione di archiviare il procedimento contro Di Nicola. “Nella foto in questione – hanno scritto il segretario Carla Capuano, il relatore Roberta Feliziani e il presidente Vincenzo Cerracchio – e nel riquadro relativo non si rinviene alcun lago di sangue”. Lo stesso Di Nicola, ascoltato dal collegio, ha presentato la foto originale acquisita dalla redazione, ben diversa da quella pubblicata e ha sottolineato che la pubblicazione dell’immagine è stata una scelta editoriale: “L’obiettivo era quello di fornire un’esatta ricostruzione dell’accaduto, mettendo in risalto nel riquadro proprio il cellulare che la vittima stringeva tra le mani”. Il Collegio ha ritenuto che la foto in questione “sia stata tagliata e presentata ai lettori in maniera adeguata alla rilevanza sociale della notizia – è scritto nel provvedimento di archiviazione – confermata proprio dal riquadro con la mano che impugna il cellulare, senza eccedere nel particolare macabro del sangue e nel rispetto sostanziale del diritto di cronaca senza ledere la dignità della persona”.

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