La Corte europea dei diritti umani ora ha deciso: si possono sospendere le cure che mantengono in vita il piccolo Charlie Gard, affetto da una rara malattia genetica. Una sentenza, quella di Strasburgo, che annulla le misure preventive ordinate il 19 giugno scorso e va nella scia di quanto deciso dai tribunali britannici, con il giudice Nicholas Francis che dopo aver visitato il piccolo in ospedale aveva optato per la sospensione delle terapie “con la più profonda tristezza nel cuore”, ma nella “piena convinzione” che fosse nel migliore interesse del piccolo. Non è stato accolto, quindi, il ricorso dei genitori del bambino, che hanno tentato in tutti i modi di tenere in vita il loro figlio, dando vita a una battaglia per il diritto alla vita che da mesi ha tenuto banco nelle cronache britanniche. Nella fattispecie, nel documento presentato a Strasburgo Connie Yates e Chris Gard avevano sostenuto che l’ospedale ha bloccato l’accesso a un trattamento per mantenere in vita il piccolo negli Stati Uniti, violando così il diritto alla vita e anche quello alla libertà di movimento. Inoltre, avevano denunciato le decisioni dei tribunali britannici “come un’interferenza iniqua e sproporzionata nei loro diritti genitoriali”.

Charlie è affetto da una sindrome da deplezione del Dna mitocondriale, malattia rara che causa un progressivo e inesorabile indebolimento muscolare. Per la medicina è incurabile, ma i suoi genitori, Connie Yates e Chris Gard, hanno sempre nutrito speranze. Per questo motivo, quando il 12 aprile scorso l’Alta corte inglese ha stabilito che i medici potevano staccare la spina, hanno fatto ricorso alla Cedu. Che, di conseguenza, il 19 giugno aveva ordinato all’Inghilterra di continuare a tenere in vita Charlie Gard fino a quando non prenderà una decisione sul ricorso dei genitori. Quella decisione è arrivata oggi, dopo che il caso – come annunciato dalla stessa Cedu – era stato valutato con la massima urgenza e dopo che Strasburgo il 13 giugno aveva preso tempo chiedendo al Regno Unito un’ulteriore attesa per permettere ai genitori del bambino di consegnare tutto il materiale riguardante il caso. La Cedu, nel decidere sul ricorso, ha tenuto conto “del considerevole margine di manovra che gli Stati hanno nella sfera dell’accesso alle cure sperimentali per malati terminali e nei casi che sollevano delicate questioni morali ed etiche”, ribadendo anche che non le spetta il compito di sostituirsi alle competenti autorità nazionali. Con queste parole: “Da questa prospettiva la Corte ha dato peso al fatto che esiste una legislazione – compatibile con la Convenzione europea dei diritti umani – che regola sia l’accesso ai trattamenti sperimentali che la sospensione dei trattamenti per tenere in vita qualcuno”. Inoltre i giudici di Strasburgo hanno rilevato che “le decisioni dei tribunali nazionali sono state meticolose e accurate e riesaminate in tre gradi di giudizio con ragionamenti chiari ed estesi che hanno corroborato sufficientemente le conclusioni a cui sono giunti i giudici“.

La storia di Charlie Gard, come detto, ha scosso l’opinione pubblica inglese, specie da quando i medici del Great Hospital di Londra si sono rivolti ai giudici perché convinti che il bambino sia senza speranze, per l’assenza di una terapia accettata contro la patologia di cui soffre. I genitori, invece, volevano provare a sottoporlo a un trattamento sperimentale negli Stati Uniti e hanno lanciato una raccolta fondi per sostenere le spese, arrivando a raccogliere, ad aprile, 1,25 milioni di sterline da oltre 80mila donatori.

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