“Abbiamo concluso che non siamo riusciti a capire se vi fosse o meno un defeat device”. E cioè un software di manipolazione delle emissioni con obiettivi analoghi a quelli scoperti nelle auto Volkswagen che hanno comportato lo scoppio del dieselgate: truccare i risultati dei test di inquinamento. Lo ammette nel corso di una conversazione con ilfattoquotidiano.it Maria Vittoria Prati, che come responsabile delle attività sulle emissioni dei veicoli dell’Istituto motori del Cnr ha contribuito ai test condotti dal ministero dei Trasporti su 14 modelli di diesel euro 5. Un’affermazione di quelle che fanno balzare sulla sedia, perché lo scorso 7 giugno il ministro Graziano Delrio, in Lussemburgo per il Consiglio Ue Trasporti, anticipando i risultati dei test aveva dichiarato: “Non ci sono defeat devices illegali nei modelli diesel di altre case, a parte su quelli Volkswagen già identificati”.

Una frase, quella del ministro, che non è scritta in modo così chiaro nel report poi compilato a luglio dal ministero, benché le conclusioni del documento tendano a escludere l’esistenza di defeat device. Relativamente ai modelli che nelle prove hanno rilasciano emissioni molto maggiori con il motore a caldo (condizione più simile a quella di utilizzo normale del veicolo) che a freddo (condizione valida per il test di omologazione), si legge infatti: “Probabilmente in condizioni di partenza a freddo (previste dall’attuale ciclo di omologazione Nedc) viene utilizzata una differente calibrazione motore. Il comportamento rimane lo stesso sia sul banco (banco a rulli della sala prove, ndr) sia su pista”.

Vale allora la pena di riavvolgere il nastro della conversazione telefonica che ilfattoquotidiano.it ha avuto con Prati. Quando alla ricercatrice si fa notare che le conclusioni del report non dicono mai in modo chiaro che i veicoli testati non montano defeat devices, Prati risponde: “Noi pensavamo di caratterizzare il defeat device vedendo una differenza di comportamento tra le prove in laboratorio e le prove su pista, e questa differenza non l’abbiamo trovata. Un veicolo basso emissivo in laboratorio rimaneva un veicolo basso emissivo su pista”. Cosa che dunque esclude l’utilizzo di defeat devices analoghi a quelli utilizzati dalla Volkswagen, che consentivano al veicolo di ‘capire’ se si trovava su un banco a rulli e ridurre pertanto le emissioni durante il test. “Ma – continua la ricercatrice del Cnr – abbiamo riscontrato un funzionamento differente della strategia motoristica in funzione delle condizioni termiche”. Questa cosa va interpretata con la possibilità che ci siano defeat devices? “Dipende da qual è la definizione di defeat device, non è così chiara la situazione. Noi non siamo stati in grado di capire se vi fosse o no un defeat device. Abbiamo trovato comportamenti differenti, anche sullo stesso ciclo, in condizioni termiche dei veicoli differenti. Abbiamo concluso che non siamo riusciti a capire se vi fosse o meno un defeat device”.

Parole riferite direttamente ad alcuni dei modelli non Fca, visto che quelli Fca non sono stati testati al Cnr ma nelle strutture della stessa casa automobilistica. Ma come fa notare la stessa Prati, anche i veicoli Fca, secondo il report del ministero, hanno mostrato differenze di comportamento tra condizioni di test a freddo e a caldo. Anzi, a leggere il rapporto, sono quelli in cui le emissioni aumentano di più nel ciclo a caldo rispetto quello a freddo. “Se questo è un defeat device o è una strategia del costruttore per preservare il motore – continua Prati – io al momento questo non glielo so dire”. Differenza sostanziale, questa, visto che nella prima ipotesi l’obiettivo sarebbe quello di truccare i risultati dei test e quindi il dispositivo sarebbe illegale. Mentre nella seconda ipotesi la strategia potrebbe essere ammessa dal regolamento europeo in materia, che da un lato non vieta l’uso di impianti di manipolazione quando “l’impianto si giustifica per la necessità di proteggere il motore da danni o avarie e di un funzionamento sicuro dei veicoli”, ma dall’altro prevede che “le emissioni dallo scarico e le emissioni per evaporazione risultino effettivamente limitate, conformemente al presente regolamento, per tutta la normale durata di vita dei veicoli in condizioni normali di utilizzazione”.

Le parole di Prati rischiano dunque di smentire quanto dichiarato dal ministro Delrio. Facendolo notare alla ricercatrice, si ottiene una parziale marcia indietro. “Non abbiamo evidenza di un sistema che riconosca che il veicolo è messo sul banco a rulli, questo vale anche per noi”, dice Prati. Però c’è evidenza del fatto che il veicolo cambia comportamento a seconda della temperatura. E questo potrebbe essere indicativo dell’esistenza di un defeat device di tipologia diversa da quello utilizzato dalla Volkswagen, giusto? “No, potrebbe essere indicativo di una differente strategia di funzionamento del motore da parte del costruttore, non è detto che sia un defeat device. Può essere che il costruttore in certe condizioni di temperatura chiuda l’EGR (un sistema di riduzione delle emissioni, ndr). Le motivazioni del perché il costruttore ha fatto questo bisognerebbe chiederle al costruttore ”. E visto che la risposta è in parte diversa da quella data in precedenza, non resta che riprovare a fare la domanda. A pensarla male, questo comportamento potrebbe essere indicativo di un defeat device? “Questo non lo so. Per me non è così chiaro. Per me un defeat device era un qualcosa che si accorgeva che il veicolo era in laboratorio e stava facendo la prova di omologazione e invece ci siamo resi conto che non è così. Per quanto riguarda il differente comportamento dei veicoli in funzione delle condizioni termiche, riteniamo che più che un defeat device ci sia una strategia diversa attuata dal costruttore in funzione delle condizioni di funzionamento e non soltanto di guida del veicolo. Poi, dal punto di vista legislativo, bisognerebbe leggersi per bene il regolamento sui defeat device”.

Twitter @gigi_gno

Riceviamo e pubblichiamo da parte di Maria Vittoria Prati, ricercatrice dell’Istituto Motori del Cnr

In merito agli articoli apparsi su ilfattoquotidiano.it il 12 gennaio 2017 “Dieselgate, la ricercatrice Cnr smentisce Del Rio”, il Fatto Quotidiano il 13 gennaio 2017 “L’anomalo studio del Cnr sugli scarichi”, ilfattoquotidiano.it il 15 gennaio 2017 “Dieselgate e FCA: non solo Usa”, mi dispiace constatare che il poderoso lavoro svolto sia stato utilizzato superficialmente solo per fare uno scoop. Intendo precisare che sono stata intervistata telefonicamente da un vostro giornalista che mi ha chiesto spiegazioni sul Report del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, inviato alla Commissione europea in agosto, dal titolo “Programma di prove per la valutazione del comportamento emissivo di vetture Diesel Euro 5 commercializzate in Italia con prove in laboratorio e su pista”. Nel corso dell’intervista ho cercato di spiegare la complessità dello studio e ho illustrato i principali risultati raggiunti. Ho inoltre ribadito la validità e la correttezza del lavoro scientifico svolto, rispondendo alle obiezioni del giornalista relative a dati ancora non riportati e alle diverse metodologie utilizzate. Mi preme sottolineare che le conclusioni del rapporto possono essere comprese solo a seguito di un’attenta lettura dello stesso. Comunque intendo chiarire, rispetto a quanto riportato nell’intervista, che al termine di un anno di test approfonditi su veicoli dei principali costruttori non abbiamo avuto nessuna evidenza scientifica della presenza di defeat device vietati installati su di essi.
Napoli, 16 gennaio 2017

Prendiamo atto della precisazione, che non smentisce né il senso dell’articolo né i singoli virgolettati attribuiti a Maria Vittoria Prati, che confermiamo in toto. “Non abbiamo avuto nessuna evidenza scientifica della presenza di defeat device vietati installati”, precisa ora la ricercatrice. Noi non abbiamo mai scritto il contrario, ma abbiamo correttamente riportato quanto ci ha detto al telefono: “Abbiamo concluso che non siamo riusciti a capire se vi fosse o meno un defeat device”, “Noi non siamo stati in grado di capire se vi fosse o no un defeat device” e “Se questo è un defeat device o è una strategia del costruttore per preservare il motore, io al momento questo non glielo so dire”. Dunque i test non hanno dato prova della presenza di defeat device, ma neanche della loro assenza. Il che è ben diverso da quanto ha dichiarato il ministro dei Trasporti Graziano Delrio.
L.F.

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