Non vede l’ora di lavorare “all’ambasciata Usa di Gerusalemme”. Parola dell’avvocato David Friedman, scelto da Donald Trump come nuovo ambasciatore  in Israele. Una dichiarazione che conferma l’intenzione del presidente eletto di spostare l’ambasciata da Tel Aviv. Mossa che nonostante le dichiarazioni – Friedman dice di voler lavorare “instancabilmente per rafforzare l’indistruttibile vincolo tra i nostri due Paesi e far avanzare la causa della pace nella regione” – rischia di ibernare il processo di pace e di incendiare il conflitto nella regione, dato che anche i palestinesi rivendicano Gerusalemme come capitale del loro futuro Stato.

Il team di transizione di Trump ha annunciato la nomina sottolineando la lunga storia di amicizia e di amichevole sostegno di Friedman verso Israele e parla di posizioni in linea con quelle degli Stati Uniti: “Le due nazioni hanno avuto una speciale relazione basata sul rispetto reciproco e sull’impegno nei confronti della libertà e della democrazia. Con la nomina di Friedman, il presidente eletto Trump esprime il suo impegno per un ulteriore rafforzamento della relazione tra Stati Uniti e Israele e a garanzia del fatto che ci sarà una straordinaria cooperazione strategica, tecnologica, militare e di intelligence tra i due paesi”. Grazie alle “forti relazioni” di Friedman in Israele che “saranno il fondamento della sua missione diplomatica”. Durante la campagna elettorale il nuovo rappresentante degli Stati Uniti in Israele è stato consigliere per gli affari Usa-Israele del presidente eletto, che nei giorni scorsi si è espresso a favore del trasferimento dell’ambasciata a Gerusalemme e del riconoscimento della città contesa come capitale israeliana.

Friedman, riporta oggi il New York Times, è un avvocato specializzato nei casi di bancarotta che ha messo in discussione la necessità della soluzione dei due Stati. In un’intervista rilasciata a Hàaretz la scorsa estate – ricorda il Washington Post – Friedman ha detto di considerare legali gli insediamenti israeliani in Cisgiordaniaillegittimi per ogni amministrazione dal 1967 – e ha indicato che Trump sosterrebbe l’annessione israeliana di parti della Cisgiordania. Per Friedman inoltre gli ebrei che appoggiano la soluzione dei due Stati sono “peggio dei kapò“.

Una scelta disallineata dalla presidenza di Barack Obama, che a dicembre aveva firmato una nuova proroga semestrale per l’ambasciata Usa a Tel Aviv. La proroga semestrale è ormai una consuetudine dai tempi della presidenza Clinton. In base al Jerusalem Embassy Act varato dal Congresso americano nel 1995, infatti, l’ambasciata Usa dovrebbe spostarsi da Tel Aviv a Gerusalemme, definita nel provvedimento ‘capitale indivisibile’ di Israele. Ma finora tutti i presidenti hanno fatto ricorso alla loro autorità emanando decreti esecutivi che di fatto hanno bloccato l’entrata in vigore della legge. La sospensione del provvedimento – da Clinton ad Obama, passando per Bush – è stata considerata necessaria per motivi di sicurezza nazionale e per non compromettere il processo di pace.

Esultano il governo e le opposizioni: “E’ una buona notizia – commenta – il viceministro degli esteri (di cui ha l’interim il premier Benyamin Netanyahu) Tizi Hotovely, esponente del Likud – le sue posizioni riflettono la volontà di rafforzare in questo momento lo status di Gerusalemme come capitale di Israele”. Secondo Hotovely le posizioni di Friedman mostrano “comprensione per il fatto che le colonie non hanno rappresentato, nè mai nè oggi, il problema centrale della regione”. Ma l’appoggio alla nomina di Friedman non arriva soltanto dalla coalizione di governo. Anche il centrista Yair Lapid, leader di C’è futuro – che è all’opposizione – si è detto contento: “Non vedo l’ora di lavorare con il nuovo ambasciatore Usa, un amico stretto di Israele, in un luogo degno del suo ufficio: la nostra capitale Gerusalemme”.

Esultano, ovviamente, anche i coloni: “Una buona notizia, si tratta di un sostenitore entusiasta degli insediamenti – ha commentato Oded Raviv, il responsabile dei contatti esteri del movimento dei coloni, all’emittente dei coloni israeliani, Canale 7 – a sua conoscenza delle questioni e la sua saggezza rafforzeranno il ponte fra le nostra grandi Nazioni”.
Parole di compiacimento sono giunte anche da Yochai Damari, presidente del consiglio regionale (ebraico) della regione di Hebron, secondo cui alla luce di questi sviluppi Netanyahu dovrebbe “portare avanti le costruzioni nell’intera Giudea-Samaria ed estendere la sovranità ebraica sul mezzo milione di ebrei che qua risiedono”.

Il trasferimento dell’ambasciata a Gerusalemme sarebbe “una grave violazione del diritto e delle risoluzioni internazionali “, ha affermato Wasel Abu Yousef, membro del comitato esecutivo dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina. Contro questa prospettiva si è espresso anche il governatore di Gerusalemme, Adnan al-Husseini, secondo cui “il trasferimento dell’ambasciata sarebbe contrario al diritto internazionale” perché “Gerusalemme è una città occupata e fa parte dei Territori occupati nel 1967”.

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