Palmanova, la città stellata cinquecentesca, dal 1960 monumento nazionale, ma anche i comuni di Mortegliano, San Vito al Torre, Trivignano Udinese, Lestizza, Basiliano e Pavia di Udine hanno deciso di ricorrere al Tar. Insieme. Il motivo? Ritengono che la delibera del Consiglio dei Ministri del 10 ottobre 2016 e il conseguente nuovo provvedimento di Valutazione di impatto ambientale “presentino alcuni profili di sospetta illegittimità”. Al centro della contesa c’é la realizzazione dell’elettrodotto tra la stazione elettrica Udine Ovest e la stazione elettrica di Redipuglia, un tracciato di circa 39 km, con 120 piloni alti fino a 61 metri. Un’opera da 100 milioni di euro proposta dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e progettata da Terna Spa, che l’ha inclusa nel piano di sviluppo della Rete Elettrica di Sviluppo nazionale. Data d’inizio, dicembre 2007. Per Terna un’opera che promette “benefici economici e ambientali”. In sintesi un “risparmio per il sistema pari a circa 60 milioni di euro l’anno” e la demolizione di “oltre 100 km di linee elettriche”. Non é tutto. Esso garantisce il “potenziamento del sistema elettronico friulano”, “migliora la qualità del servizio elettrico a imprese e famiglie” e rende disponibile “in condizioni di sicurezza le produzioni delle centrali di Monfalcone e Torviscosa”.

Fin dagli inizi di parere opposto i sindaci del comuni coinvolti, il Comitato per la vita del Friuli rurale, che da più di nove anni si batte contro l’opera, i rappresentanti in consiglio regionale del M5s. A loro sembra che l’impatto sul Paesaggio di quei territori sia devastante. Un dossier fotografico raccolto dal comitato nel giugno 2015 documenta “come alcuni piloni siano stati costruiti vicino a corsi d’acqua, i cavi dell’alta tensione viaggino sotto l’Isonzo, vengano utilizzati fanghi di perforazione che poi distruggono interi vigneti e sia stato addirittura costruito un tratto di sei chilometri di elettrodotto interrato che dalla zona industriale udinese arriva alla centrale di Santo Stefano senza che questo figuri nel progetto originario. Possibile che solo noi ce ne siamo accorti? Perché nessuno interviene?”. Ma c’è anche dell’altro. “Gli agricoltori sono costretti a subire l’invasione di proprietà a fronte di remunerazioni ridicole e arbitrarie. E non solo. Mantengono la titolarità sul terreno e finiscono per essere responsabili dell’opera. Siamo di fronte a una truffa”, diceva nel giugno 2015 Aldevis Tibaldi, presidente del Comitato.

Ma la storia dell’elettrodotto, di cui il ricorso al Tar è solo l’ultimo capitolo, è un susseguirsi di atti contraddetti dal pronunciamento di un tribunale. Si va avanti così dal 2007. Con i pareri favorevoli della Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia, della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale, i decreti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e le note di Riccardo Illy, Renzo Tondo e Debora Serracchiani, i tre presidenti Presidente della regione che si sono succeduti, e del Ministero dello sviluppo economico. Con il ricorso al Tar e al Consiglio di Stato. Ruoli in fondo ben definiti, con l’eccezione del Mibact. Infatti la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli-Venezia Giulia nel novembre 2010 esprime parere contrario, rilevando l’impatto negativo dell’opera sul paesaggio. Ma nel febbraio 2011 il Ministero “mutando avviso si esprimeva favorevolmente, ponendo come unica condizione che il tratto di elettrodotto del fiume Torre venisse spostato all’esterno della fascia di elevato valore paesaggistico”. Non é finita: nella più recente Conferenza dei servizi a Roma i tecnici del Ministero hanno sottolineato che l’opera deturpa la pianura friulana, creando un danno difficilmente mitigabile e permanente. E’ proprio questo parere che ha innescato il nuovo capitolo della vicenda. Con l’ennesimo ricorso al Tar. “La convinzione è quella di aver solide basi per dimostrare agli alti giudici che l’iter seguito dal Ministero dell’Ambiente nella procedura di Via non sia corretto, facendo riferimento a sostanziali elementi emersi anche durante l’ultima conferenza dei servizi a Roma: il Ministero dei Beni culturali e del Paesaggio ha confermato il parere negativo sull’opera perché viola il principio costituzionale della tutela del Paesaggio”, sostiene Luca Piani, assessore all’ambiente di Palmanova. Quindi la delibera del Consiglio dei ministri che supera il parere negativo, sarebbe da ritenersi illegittima perché “cerca di superare un parere tecnico con una decisione politica sul tema del Paesaggio …”.

Nel frattempo l’opera è iniziata ed é andata avanti. “Nel suo ruolo, la Regione ribadisce che l’elettrodotto, opera oggi a un punto avanzato di realizzazione, deve poter essere completata nel rispetto dell’iter fissato dalle norme nazionali”, affermava alla metà di settembre Sara Vito, assessore regionale all’ambiente. Forse anche per questo é intervenuto il Governo. L’elettrodotto va completato, ad ogni costo. Naturalmente in elevato e non interrato come proponevano sindaci e comitati. Poco importa se violerà i caratteri distintivi di alcuni territori, del tutto trascurabile se decreterà che la tutela del paesaggio é ormai é un elemento accessorio.

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