In realtà, Trump ha cinicamente sfruttato il potenziale di un elettorato trascurato e bistrattato dal social-liberismo. Ha prestato voce e dato struttura a quella che gli analisti hanno chiamato “una nuova categoria sociopolitica”: i bianchi declassati, una maggioranza invisibile e frustrata che non è proprio la più povera o la più indifesa ma che si sente disprezzata, trascurata, scartata dalle élites della politica istituzionale, masse per le quali il “sogno americano” è ormai soltanto una frase fatta, una formula ideologica obsoleta, quasi surreale, mentre la realtà che percepiscono è matrigna verso i figli, “per loro con quest’America voluta dai democratici non c’è più avvenire”, perché la società “liquida” non tutela più nessuno. Ed infatti il refrain trumpiano più reiterato suona così: “Il sogno americano è morto”. Sottinteso, resuscitiamolo, torniamo ad essere quello che eravamo, giacché “si stava meglio prima”…

La grande paura del declassamento trascina al rinchiudersi, all’erigere barriere di ogni tipo, al rinforzare pregiudizi

La grande paura del declassamento trascina al rinchiudersi, all’erigere barriere di ogni tipo, al rinforzare pregiudizi su razze, etnie, a diffidare degli stranieri, persino dell’Occidente. Trump ha trionfato nelle primarie mettendo in discussione la questione sociale, “la prima delle mie preoccupazioni di americano che ama l’America e la vuole forte come una volta”. Però, ha esasperato i toni nel demonizzare chi non è bianco, non riuscendo a celare il suo dispregio nei confronti dei latinos e dei neri, la sua scarsa simpatia verso l’elettorato religioso; non ha mai dissimulato il suo machismo e la sua greve concezione del sesso, che gli ha alienato i favori dell’elettorato femminile, schierato con Hillary Clinton. Insomma, Trump il Costruttore della Nuova America per ora non offre programmi, solo proclami. In effetti, più che Costruttore, è il Grande Demolitore. Dell’avversaria, ma questo è nel gioco delle parti. Meno evidente è il fatto che sta distruggendo l’America, pensando di guarirla.

P.S. : In genere, come ci si documenta su un personaggio che poi bisogna descrivere? Cercando le fonti. Trump è logorroico. E’ stato un personaggio televisivo. Ha scritto libri, i cui titoli sono eloquenti (li cito alla fine). In tempi non lontani, si vantava d’essere democratico, ha frequentato i Clinton e in un comizio ha anche detto che li conosce molto bene, per cui può dire che Hillary è disonesta perché ha ricevuto quattrini: “Lo so, glieli ho dati anch’io”. Lei replica che Trump è un impostore. Donald sventaglia i controversi documenti trafugati da Wikileaks che riguardano la Clinton Foundation, un centro di filantropia in cui, accanto alle indubitabili ed encomiabili iniziative, c’è stato spazio anche per qualche miseria. E’ un ping pong triste e sconsolante. E’ la fotografia della deriva elettorale, copertina di una democrazia sempre più sballottata e fragile.
Ecco i titoli (eloquenti) delle opere trumpiane:
Crippled America: How to Make America Great Again,
Trump: How to Get Rich
Trump 101: The Way to Success
Trump: Think Like a Billionaire: Everything You Need to Know About Success, Real Estate, and Life

In Italia:
Pensa in grande e manda tutti al diavolo” (Rizzoli, 2008-2010).
Quel che fa.
Con franchezza, Trump illustra i sette punti chiave per ottenere potere e ricchezza:
1) cogliere il momento giusto
2) vendicarsi, quando farlo e perché è così bello
3) non perdere mai di vista l’obiettivo
4) lavorare con passione
5) vincere la paura
6) creare la propria fortuna
7) concludere i contratti giusti, non solo negli affari ma anche nel… matrimonio.
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