Cose dell’altro mondo al plenum di Palazzo Spada. Dove a fine settembre il Consiglio di presidenza del supremo vertice della giustizia amministrativa ha dato l’ok a sette candidati designati da Palazzo Chigi per il Consiglio di Stato. Tra di loro, il segretario generale della presidenza del Consiglio, Paolo Aquilanti e un altro pezzo da novanta dell’esecutivo e cioè il capo del Dipartimento degli affari giuridici (Dagl), Antonella Manzione. Che il premier Matteo Renzi aveva voluto al suo fianco, una volta sbarcato a Roma, dopo aver lasciato la poltrona di sindaco di Firenze. Dove la Manzione era Capo dei Vigili urbani. Ora anche per lei si spalancheranno le porte di piazza Capo di Ferro. Nonostante tutto.

CARTA CANTA Perché al plenum di Palazzo Spada c’è stata bagarre sulla sponsorizzazione di questa nomina da parte di Palazzo Chigi. Avvenuta, secondo i critici, nonostante la mancanza della piena idoneità a far parte dei vertici della magistratura amministrativa. Una forzatura che ha scatenato le proteste di chi rivendica l’autonomia e l’indipendenza del Consiglio di Stato dal governo. Che pur di promuovere Manzione a Palazzo Spada assicurandole una funzione di assoluto prestigio fino a fine carriera, ha fatto di tutto. Con polemiche inevitabili. Come si evince dal verbale della seduta che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare. Obiettivamente priva del requisito minimo di età fissato a 55 anni (Manzione ne ha 53), di lei è stata messa in discussione, persino la capacità di svolgere il ruolo di consigliere di Stato. Alla fine l’ha spuntata il governo. E la sua candidata ha raggranellato 9 voti a favore che hanno prevalso sulle cinque bocciature e su un voto di astensione.

NON HA L’ETA’ Ma c’è voluto il soccorso dell’artiglieria pesante. A cominciare da quello di Alessandro Pajno che dirige i lavori del plenum essendo presidente del Consiglio di Stato. E che senza troppe remore, dopo un lungo e articolato dibattito ha sentenziato: la regola sull’età minima per essere indicati come consigliere di Stato “deve essere interpretata alla luce del mutato quadro normativo” e cioè dell’abbassamento dell’età di pensione per i magistrati fissato oggi a 70 anni. Un’interpretazione “evolutiva” che alleggerisce i vincoli del requisito anagrafico.

NESSUN NORMA E le norme che impongono una particolare qualifica per diventare Consigliere di Stato? Non valgono neppure quelle perchè “vanno contestualizzate alla luce della disciplina che, a breve, risulterà vigente”, ha detto Pajno ribattendo alle critiche e riferendosi al varo imminente del decreto sul ruolo unico della dirigenza pubblica. Che annullerà, tra l’altro, la distinzione tra i mandarini di Stato che ad esempio comandano nei ministeri a Roma e quelli che sono potenti lo stesso, ma in provincia. Come nel caso dell’ex capo dei Vigili urbani di Firenze Manzione.

TITOLI CARENTI Al cui curriculum sono state rivolte critiche puntigliose, ma alla fine perdenti. Particolarmente significativa quella del consigliere laico Giuseppe Conte che ha preannunciato voto contrario sia per ragioni formali che sostanziali. Formali quanto alla regola anagrafica che, “se deve essere derogata sarebbe stato auspicabile che fosse stato fatto prima e per tutti e non ad hoc”. Quanto ai profili sostanziali, Conte ha evidenziato quello del curriculum “che non offre garanzia di elevata competenza professionale”, ma soprattutto “della ferma indipendenza di giudizio”. Il profilo della Manzione, insomma “appare buono, ma non elevato per quello che riguarda gli studi giuridici compiuti”. E l’esperienza al Dagl di Palazzo Chigi? “Troppo breve” e comunque “si tratta di un ruolo in cui prevale l’intuitus personae”. In soldoni, è l’accusa neanche troppo implicita, al vertice del Dagl Manzione è stata voluta del presidente del Consiglio in base ad un rapporto meramente fiduciario. 

BEATA GIOVENTU’ Apriti cielo. A Pajno è toccato ricordare come tutti coloro che si rendano disponibili per essere indicati dal governo come consiglieri di Stato “sanno che il loro status professionale e morale deve essere improntato all’indipendenza e al rispetto della legge”. Ma più di tutto è sulla questione anagrafica che sono stati spesi gli argomenti migliori. Giovanni Guzzetta, anche lui membro laico di nomina parlamentare, oggi impegnato in prima fila sul referendum da coordinatore del comitato Insìeme Sì Cambia ha messo a profitto tutta la sua esperienza di costituzionalista per argomentare: “Con tutto il rispetto per il Consiglio di Stato appare piuttosto singolare che per diventare giudice costituzionale non si debba avere un minimo di età che è invece necessario per diventare consigliere”. Ma più suggestiva ancora, se possibile, è stata l’argomentazione della consigliera togata Rosanna De Nictolis: “La regola va rettamente interpretata altrimenti in un mondo in cui si parla di fare largo ai giovani qui si andrebbe in direzione decisamente opposta”. E allora, che gioventù sia a Palazzo Chigi e pure a Palazzo Spada.

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