Banche tedesche vulnerabili“. Nel giorno in cui quasi tutti i quotidiani della Penisola dedicano i titoli di apertura allo scontro tra Italia e Germania sulla possibilità di sospendere l’applicazione del bail in e consentire aiuti pubblici agli istituti italiani in difficoltà, Il Sole 24 Ore ha scelto per la sua prima pagina i contenuti del rapporto del Fondo monetario internazionale sull’economia del Paese guidato da Angela Merkel. Da cui mercoledì è arrivato un niet al premier Matteo Renzi su eventuali deroghe giustificate dalle turbolenze post Brexit.

Il report prevede per Berlino una crescita del pil dell’1,7% quest’anno e dell’1,5% il prossimo e ha un titolo rassicurante: “Il sistema finanziario tedesco è resistente“. Ma le 117 pagine di analisi, come sottolineato dal quotidiano di Confindustria, evidenziano tutte le debolezze del settore creditizio e assicurativo di Berlino, “vulnerabile” agli attuali bassi tassi di interesse a causa del suo stesso modello di business, appesantito dalle ancora inefficienti Landesbanken pubbliche e, per quanto riguarda i maggiori gruppi come Deutsche Bank, molto esposto su derivati e titoli “di livello 3”, ad alto rischio e non trattati sui mercati. Non è un caso se sempre mercoledì il più grande istituto tedesco è stato bocciato agli stress test della Fed, secondo cui presenta “ampie e sostanziali debolezze nei processi di pianificazione del capitale e progressi insufficienti per correggere queste debolezze e rispettare le aspettative dei supervisori”.

Il problema di fondo, come spiegato mercoledì dal capo missione del Fondo in Germania Michaela Erbenová, è che con i tassi bassi guadagnare sui margini di interesse, come storicamente gli istituti tedeschi sono stati abituati a fare, diventa quasi impossibile. Così le banche, che devono anche far fronte agli alti costi legati a una rete di filiali ancora capillare, “possono essere tentate di adottare rischiose strategie di ricerca di rendimenti”. Qualcosa di simile vale per i gruppi assicurativi, il cui modello di business poggia su polizze vita a rendimento garantito. Rendimenti che, con la bassa profittabilità che caratterizza questa fase, sono difficili da sostenere, nota l’Fmi.

In generale, si legge nel report, le banche tedesche sono “relativamente ben capitalizzate”. Ma il report passa in rassegna senza sconti una lunga serie di problemi da affrontare. Tra le 273 banche commerciali, che valgono il 39% degli attivi totali, “alcune hanno avviato significativi tagli dei costi e ridotto l’esposizione ai business considerati non chave”. Le Landesbanken, casse di risparmio pubbliche controllate dai governi regionali, “hanno subito gravi perdite a causa del loro esposizione alla finanza strutturata e ai derivati” e hanno “una qualità degli attivi sotto la media, con un tasso di non performing loans sul totale dei crediti del 6,7%”. Dopo la crisi “sono diventate più efficienti, ma il rischio di un uso inefficiente di risorse pubbliche in alcune istituzioni rimane”, così come le “influenze non commerciali”. Vale a dire quelle della politica. “Per alcune servirebbe un ulteriore ridimensionamento, l’apertura del capitale a investitori privati e una riforma della struttura di governance“.

Nel rapporto non mancano poi i rilievi sul fronte dell’economia reale: il fondo di Washington auspica un aumento degli investimenti nei trasporti e nelle tlc e una liberalizzazione dei servizi.

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