Matteo Renzi ha annunciato ai giovani industriali che a risollevare i destini del digitale italico arriverà a fine agosto, dritto da Amazon, il suo vicepresidente Diego Piacentini. L’uomo dei miracoli con “potere di vita e di morte” e che “obbedirò a tutto quello che mi dirà” perché “non è vero che metto gli amici, metto le persone migliori“. Ma i migliori non erano “i quattro moschettieri del digitale” (come erano stati definiti) Paolo Barberis, Riccardo Luna, Stefano Quintarelli e la Alessandra Poggiani?
La Poggiani è tornata a dirigere l’aziendina di informatica di Venezia dopo un passaggio memorabile ai vertici dell’Agenzia digitale italiana, non necessariamente in senso positivo. Barberis è tornato a Firenze a seguire la sua Nana Bianca, incubatore delle mitiche startup. Luna allontanato da temi digitali e candidato a dirigere l’Unità dopo che ha dovuto chiudere l’associazione dei Digital Champions tra ridde di voci non lusinghiere, a dir poco. Quintarelli totalmente dedicato a girare l’italia per promuovere il suo libro e che da queste parti è un soggetto misterioso: s’è visto una o due volte.
Poi ci sono i comprimari dei comprimari: Paolo Coppola e Antonio Samaritani. Coppola, che verrà ricordato come promotore di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla spesa informatica, che non si capisce a cosa possa servire. Samaritani, il direttore dell’Agenzia Digitale che gira per convegni non sapendo a chi dar retta. Ma pare invece che da qualche mese Samaritani dia retta a Piacentini, ancora non nominato, mentre è ancora ai vertici di uno dei principali fornitori mondiali di servizi informatici. Un fornitore della Pubblica amministrazione che dice all’Agenzia digitale italiana cosa deve fare.
Il conflitto di interessi istituzionalizzato, celebrato in pompa magna in Confindustria, senza che nessun media lo abbia evidenziato, impegnati com’erano a celebrare il Sì di Confindustria al referendum di ottobre.
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