Al centro dell’inchiesta c’è un vero e proprio sistema di turbativa d’asta e corruzione che coinvolge manager di spicco delle più importante cooperative rosse emiliane. Almeno questa è la convinzione della procura della Repubblica di Modena, che ha inviato una cinquantina di richieste di rinvio a giudizio per il caso del Policlinico della città. Al centro dell’indagine, partita all’inizio del 2014, c’è Stefano Cencetti, ex direttore generale della struttura ospedaliera. Secondo il procuratore capo Lucia Musti e i sostituti Pasquale Mazzei e Marco Nicolini, l’ex manager faceva in modo che i lavori (spesso milionari) finissero in mano ad aziende, nella maggior parte dei casi coop, in cambio di denaro che transitava attraverso società intestate allo stesso Cencetti. Il tutto “nel quadro di una sistematica spartizione delle commesse”, avevano ribadito più volte i pm al momento della chiusura dell’inchiesta un anno fa. Sarà ora il giudice per le udienze preliminari a decidere chi dovrà andare a processo e chi invece sarà prosciolto. I reati contestati – tutti in ipotesi commessi fino al 2012, quando Cencetti lasciò la poltrona – sono diversi a seconda degli imputati: i più ricorrenti sono turbativa d’asta, corruzione, abuso d’ufficio.

Tra gli imputati, oltre a Cencetti, ci sono anche nomi di spicco della cooperazione rossa. Solo per citarne alcuni, c’è Giorgio Benedetti, all’epoca dei fatti procuratore e direttore commerciale del Consorzio cooperative costruzioni (Ccc) di Bologna; Roberto Casari e Nicola Verrini, rispettivamente ex presidente ed ex direttore commerciale di Cpl Concordia; Roberto Olivi e Wainer Reggiani della Coopservice di Reggio Emilia e Ruben Saetti della Cmb di Carpi. Tra gli imputati, oltre alla moglie dello stesso Cencetti, c’è anche Vasco Giannotti, deputato Pds-Ds tra il 1992 e il 2001.

Secondo l’accusa, per diversi anni, invece di bandire delle normali gare d’appalto, Cencetti ricorreva alla cosiddetta procedura negoziata o comunque ad affidamenti diretti, cosicché i lavori per il Policlinico, spesso milionari, finivano in mano a imprese “conosciute”. In cambio – è la ricostruzione dei pm – a Cencetti andavano tangenti che sarebbero passate tramite società a lui intestate.

Nelle intercettazioni telefoniche finite agli atti dell’inchiesta – stando a quanto emerge dalle pagine del Resto del Carlino di Modena – viene tirato in ballo anche il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini per una vicenda tutta politica (che non ha avuto risvolti penali). Al tempo, parliamo di quasi 5 anni fa, Bonaccini era segretario regionale del Partito democratico. Insieme ad altri amministratori ed esponenti del Pd modenese, avrebbe chiesto all’allora governatore dell’Emilia-Romagna Vasco Errani le dimissioni del direttore dell’Ausl di Modena, Giuseppe Caroli. Ottenute le dimissioni di Caroli, per una questione di equilibri politici, erano arrivate contemporaneamente anche quelle dello stesso Cencetti dalla guida del Policlinico.

Siamo nel marzo 2012 e a questo punto entra in gioco la vicenda di Piacenza. Una volta licenziato, Cencetti 12 giorni dopo è entrato a lavorare nell’Ausl piacentina. Un posto che – secondo la ricostruzione dei carabinieri del Nas, finita nelle carte dell’inchiesta – è stato ottenuto con un colloquio fittizio. Nelle intercettazioni – effettuate dai militari durante delle altre indagini sempre sul Policlinico nel corso del 2012 – l’allora direttore dell’Ausl di Piacenza Andrea Bianchi e lo stesso Cencetti sembrano accordarsi sul colloquio da sostenere. “Io – diceva Bianchi al telefono – ho fatto tutto una procedura formale per cui… tra quali iscritti c’erano due persone gli ho fatto il colloquio eccetera, vorrei fare anche… (risata) mi viene da ridere che faccia un colloquio a te però vorrei far risultare formalmente che…”. Pochi giorni dopo Cencetti racconta al telefono la vicenda a una sua amica: “Mi è dispiaciuto molto più per il collega di Piacenza che per me. Io ho fatto una gita a Piacenza un pomeriggio…”.

Cencetti, una volta assunto (con un co.co.co da 182mila euro annui), è stato immediatamente portato a lavorare in Regione, benché pagato dall’Ausl Piacenza. Forse perché la Regione non poteva fargli direttamente un contratto, ipotizza l’informativa del Nas, resa pubblica da Tommaso Foti, consigliere regionale di Fratelli d’Italia (che ha spiegato di avere ricevuto le carte in busta anonima). Al momento su quest’ultima vicenda non risultano esserci indagati, né un’inchiesta. Foti tuttavia ha annunciato che presenterà un esposto alla procura di Piacenza.

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