“L’Europa ci dica se dobbiamo morire qui”. E’ straziante, ma pregno di dignità, l’appello di Orivan, studentessa siriana, scappata dal conflitto e costretta a vivere da giorni in una tenda con la sua famiglia al campo profughi di Idomeni. “Ho tanti sogni, ma nessuno oggi può diventare realtà”, racconta a ilfattoquotidiano.it. Lei è simbolo di un popolo in cammino che cerca riparo e futuro. Una barriera lunga oltre 200 chilometri con filo spinato e miliari armati protegge la Macedonia da uomini, donne e bambini. L’esodo dei rifugiati che scappano dalla guerra si ferma davanti al muro, così nell’Europa dell’accoglienza e dei diritti, 10mila persone da settimane vivono al freddo, accampati nella tendopoli in Grecia. I bambini giocano in mezzo ai fuochi, alimentati da plastiche e indumenti vecchi, inalando tutto, c’è chi sopravvive lungo le strade, chi prova ad attraversare il fiume, per superare il muro, lasciandoci la vita. Ogni giorno i rifugiati spingono per passare, camminano semplicemente, ma vengono rispediti indietro dalle forze di polizia a presidio di un muro. Orivan ora è in partenza per un altro campo profughi in Grecia: “Qualcuno suggerisce la rotta albanese, ma è pericolosa”. Chiusa quella balcanica, si cerca un’altra strada che potrebbe coinvolgere l’Italia. “Siamo disperati, ma vogliamo vivere come voi, siamo umani” spiega la studentessa universitaria con le lacrime agli occhi. Un desiderio di normalità oggi schiacciato da muri e indifferenza  di Sara Giudice e Nello Trocchia

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